#Basia1000/11

Una dolce nota d’amore reciso

a cura di Giovanni Albergucci, Gloria Ceccarelli e Asia Pagliai

Catullo, forse, non è mai stato così grande e puro nella sua poetica come in quest’ultimo, definitivo messaggio a Lesbia.

Ha tenuto solenne, alto e  impassibile il principio della sua ode: un’ebbrezza di epici viaggi dallo stile raffinato, colto.

Tuttavia, dopo questo sfoggio di enorme abilità lirica, giunge, con incedere sprezzante, l’addio a Lesbia.

È l’addio definitivo, senza alcuna esitazione.

Il senso del distacco è ormai così netto che Catullo può lasciarsi andare a considerare i suoi sentimenti senza sussulti, senza più farsi avvincere (cfr. Carme VIII) dalla dolcezza del ricordo; come si guarda a qualcosa di ormai finito, lontano.

Nel tono delle sue parole c’è rassegnazione, ma anche una tristezza senza fine.

Non a caso il Carme XI fu redatto in strofa saffica minore e non a caso il metro qui utilizzato accomuna la poesia al Carme LI, in cui ci si rifà al celeberrimo ‘Sublime’ della poetessa di Lesbo.

Nel Carme LI Catullo aveva manifestato il nascere del suo sentimento per Lesbia. Il Carme XI racconta, invece, la fine della storia d’amore con la donna.

A nostro parere questa tragica sincronia racchiude in sé un significato ben più profondo e luminoso di quanto si pensi: il poeta fa combaciare alba e tramonto della storia d’amore di cui ci stiamo occupando con l’inizio e la fine della sua stessa vita!

Come se la sua esistenza ed il sentimento amoroso per Lesbia fossero due parti di un un’unica entità. Ponendo fine all’una, l’altra soccombe inevitabilmente.

Anche i più rigorosi e pratici ne converranno: alla luce di precisi elementi storici interni al carme e all’esausta condizione psicofisica in cui il poeta versa, possiamo davvero sostenere che la stesura del Carme XI quasi coincida con la fine della breve esistenza del poeta, risalente al 54 a.C.

Di quel grande amore, così nuovo ed eterno, resta ormai solo quella nota dolcissima di fiore reciso, a margine del prato.


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