#Basia1000/37

I quartieri dove il Sole del buon Dio non dà i suoi raggi”

a cura di Giovanni Albergucci e Matteo Bizzarri

Giovanni Boldini, Ballerina spagnola al Moulin Rouge, 1905. Collezione privata.

Giovanni Boldini, Ballerina spagnola al Moulin Rouge, 1905. Collezione privata.

Non è scontato leggere il Carme 37 tra i banchi di scuola.

Il testo rimane spesso relegato in ambiti squisitamente letterari e, magari, capita per caso tra le mani di qualche fruitore occasionale.

Ci si domanda se ciò accada per una recidiva pudicizia di matrice ecclesiastica o per un presunto contegno che – si pensa – debba essere implicito negli ordini scolastici tradizionali.

Molti testi del Liber sono ricchi di immagini ‘forti’ e di esplicite allusioni sessuali (si pensi al carme 11 o al 58, solo per citare alcuni esempi), ma l’aura maledetta che circonda il carme 37 sembra averne determinato la censura e una vera e propria messa al bando dalle aule.

In realtà, per chi spenda cinque minuti in più ad approfondire le cause di tanta efferatezza linguistica, senza arrossire con la manina davanti alla bocca aperta a “O”, l’effetto è quasi afrodisiaco.

Infatti, se mai vi è capitato di soffrire, di piangere, di urlare, subendo il grigio compagno che sempre l’amare porta con sé, vale a dire il rischio di essere traditi, allora vi troverete tanto in sintonia con l’autore da stabilire con lui quasi un contatto telepatico.

Qui vediamo l’acme della rabbia di Catullo nel suo iter d’amore. Ma non una qualunque e temporanea ira, all’ordine del giorno nelle consuete coppiette.

La rabbia che tutto condiziona inesorabilmente, a partire dalle percezioni, dalle sensazioni.

Noterete come la ‘Taberna‘ quasi prenda vita agli occhi del poeta, alimentandosi dei giochi perversi di Lesbia, puzzando della mista di odori acri e palpitando insieme alle centinaia di amanti. È come se calasse un filtro davanti agli occhi di Catullo e tutto diventasse cremisi come il sangue che gli sgorga dal cuore.

A questo punto, dopo la successione di improperi rivolti agli schifosi avventori della bettola, quello che davvero colpisce è il rifulgere dei vv.11-13, che trapassa fin dentro le ossa, come i raggi del Sole in inverno: un riflesso, una rievocazione di quella donna ‘tanto amata quanto nessuna sarà mai‘.

Ecco ingigantirsi lo squarcio emotivo che invelenisce la lingua del poeta, scatenando l’accezione più profonda e tragica dell’amore, cioè una sofferenza senza fine.

Per il poeta, sarà certamente un fattore incisivo nella ‘recisione del fiore, a margine del prato‘, di cui abbiamo parlato nel Carme 11.

Dopo l’amore per Lesbia davvero non ne verranno altri: l’anima e il cuore del ‘miser‘ ne usciranno talmente corrotti, da ripercuotere i loro effetti mortiferi anche a livello fisico.

Catullo morirà all’età di trent’anni – per quanto ne sappiamo – proprio in parallelo con la morte del suo amore.


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