#CantiDellaForca

di Elisa Lucchesi

L’unico sport che pratico con regolarità è #correreinlibreria

Non ho mancato di farlo nell’autunno 2013, in occasione della pubblicazione dei Canti della forca di Stefano Bessoni, libro illustrato con allegato un piccolo film di animazione in stop motion, liberamente tratto da Galgenlieder di Christian Morgenstern.

È stata dunque una bella sorpresa veder esposti a Roma, presso GUERRINI dal 1958 (16-31 Maggio ’14), gli acquerelli originari del libro e i burattini utilizzati durante il corto.
In quell’occasione, grazie a Marco Stancati, ho avuto modo di fare una chiacchierata con Stefano Bessoni.

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Per quale pubblico hai pensato i Canti della forca?
Quando lavoro penso soprattutto al piacere personale della creazione artistica.
Credo che l’opera si rivolga potenzialmente a un pubblico di tutte le età: le rappresentazioni, pur macabre, non sono mai estreme.
Con Canti della Forca spero di aver contribuito a far conoscere l’opera del poeta tedesco Morgenstern, “traghettandola” dal testo poetico a quello grafico: dunque in una forma più leggibile e meno ostica per il lettore.

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In che modo hai lavorato, a partire dall’originale di Morgenstern, per approfondire psicologicamente i personaggi?
Si tratta di un lavoro complesso, che va avanti da circa vent’anni: mi innamorai di Morgenstern alla metà degli anni novanta, scoprendolo per caso in una piccola libreria piena di vecchie edizioni fuori commercio.
Da quel momento ho iniziato a buttare giù piccoli schizzi, fino a concretizzare con Logos il progetto Canti della forca in occasione del centenario della morte dello stesso Morgenstern.
Nell’originale i personaggi sono appena abbozzati: ho dunque preparato un casting immaginario, con fisionomie a vestiti che man mano si sono concretizzati fino a dar forma ad attori veri e propri. Ho cercato insomma di creare una sorta di film virtuale, rendendo visibile e vivo ciò che era nascosto all’interno delle poesie.

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In caso di uno sviluppo in forma di lungometraggio, quali aspetti narrativi tenderesti a privilegiare?
Con uno sconfinamento tra realtà e fantasia e la creazione di una atmosfera alla Tim Burton.
Mi piace pensare a una trama avvincente e ben spendibile a livello commerciale, magari sul modello di Harry Potter.

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Non temi che l’esplicito invito alla morte possa costituire un limite alla diffusione dell’opera tra un pubblico giovane?
Direi di no. La morte in fondo fa parte del naturale corso delle cose ed è inutile considerarla uno spauracchio.
Il mio modo di avvicinarla ricorda piuttosto quello della cultura ispanica e latino americana.
In fondo il suicidio stesso risulta, a mio parere, una metafora del sacrificio e della dedizione necessari ad ottenere buoni risultati.

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Per quale motivo è proprio un bambino a scegliere o meno l’adesione alla Confraternita dei Fratelli della Forca? È una tua creazione?
Sì, è una mia idea. Trovo che rappresenti una sorta di spartiacque tra chi è disposto a interpretare in modo corretto il mio mondo d’ombra e chi invece non è disposto a farlo.
Quel bambino dal duplice volto è in fondo una sorta di portinaio del mondo in cui adesso stiamo passeggiando.

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Pensi che Canti della forca possa essere in qualche modo proposto nell’ambito di un percorso scolastico? In caso saresti interessato?
Perché no? Insegno dal ’99 nel campo della regia cinematografica e mi occupo di illustrazione e animazione. Mi sono sempre rivolto ad un pubblico adulto, ma credo che Canti della forca potrebbe essere spendibile anche per studenti più giovani, magari integrandosi in un percorso di ambito artistico-letterario.

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