Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

di Tommaso Nesti

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Le Catilinarie sono quattro orazioni pronunciate da Cicerone nel 63 a.C., il cui scopo è denunciare la pericolosità di Catilina, nobile aristocratico che mette a repentaglio la sicurezza dello Stato con il suo furor, ovvero con la sua passione smodata, mossa da brama di potere.

La prima Catilinaria è stata pronunciata l’8 novembre del 63 a.C., in seguito al tentativo di omicidio ai danni dello stesso Cicerone, per mano di sicari dell’accusato, il 7 novembre del medesimo anno.

L’oratore cerca di mettere in guardia i senatori sulla pericolosità del congiurato, peraltro quel momento presente in Senato, e renderli consapevoli che la congiura ordita rischia di far vacillare le istituzioni repubblicane.

Cicerone evidenzia come i senatori stiano venendo meno al loro dovere e che il tollerare la scelleratezza di tale aristocratico sia inaccettabile, soprattutto se la loro accidia viene paragonata alla difesa dello Stato compiute in passato da uomini di animo valoroso, che non si sono fatti scrupolo di mettere a morte concittadini ritenuti pericolosi per la sicurezza  della res publica.

Attraverso una metafora, Cicerone paragona la potenza, non sfruttata, del senato consulto ultimo,  a quella di un’arma temibile, tenuta però come chiusa nel fodero.

L’oratore, sebbene accusi Catilina con forza e pathos, non è intenzionato a mettere in atto eventuali provvedimenti, essendo homo novus e temendo, per questo motivo, la nobiltà aristocratica del congiurato: metterlo a morte potrebbe mettere a rischio il suo attuale ruolo consolare, indebolito dalle sue modeste origini.


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