“RIDI PAGLIACCIO” … e mangia una mentina!
a cura di Giovanni Albergucci, Matteo Bizzarri e Francesco Filoni
Guest star @LaPausaCaffe
Nel Carme XXXIX, Egnazio, unico protagonista del componimento, diventa il “parafulmine” di quella furia già conclamata da Catullo nel Carme XXXVII.
La sua travagliata condizione di amante ferito nell’orgoglio ha necessità di riversare la frustrazione che lo attanaglia su un capro espiatorio, non a caso individuato nell’amante prediletto da Lesbia.
Il celtibero Egnazio presta il fianco alle offese del poeta, in quanto il componimento si concentra quasi esclusivamente sulla sua poco elegante mania di sorridere in ogni situazione, soprattutto in quelle meno opportune.
Con un interessato sguardo al presente, si può sostenere che questa abitudine si sia protratta nel tempo, fino a diventare oltremodo inflazionata nella nostra attualità: in un periodo in cui certi individui hanno tutta l’intenzione di mistificare una realtà – la nostra – che altrimenti farebbe piangere, assistiamo al brillio di splendide dentiere smaltate con ‘AZ Whitestrips’.
Catullo attacca Egnazio da ogni punto di vista, ricordandogli, in particolare, che non appartiene al mondo della “urbanitas” di cui il poeta si fa impropriamente paladino – dopotutto, Catullo giungeva dalla provincia di Verona.
Tuttavia, mentre egli, a discapito della propria condizione di nascita, aveva acquisito tutti i tratti caratteristici di un perfetto cosmopolita, il prode tronista rimase ancorato allo status di “provincialotto”.
In molti potrebbero trarre preziosi insegnamenti di stile e di buongusto: ancora una volta l’antico è più attuale del presente stesso!