La fatica di essere uomini

di Giovanni Albergucci

A viso coperto è un dialogo diretto a ogni parte dell’essere umano, dalla più dolce alla più spietata.

image

Riccardo Gazzaniga è nato nel 1976 a Genova e attualmente ricopre la carica di sovrintendente presso la caserma di Bolzaneto. Nel 2012 ha vinto la XXV edizione del Premio Italo Calvino, con il romanzo A viso coperto, pubblicato nel 2013 da Einaudi Stile Libero.

L’uomo è, a tutti gli effetti, animale dotato dell’evoluta peculiarità di poter piegare la natura alla propria volontà. A volte, è capace di rinunciare del tutto agli istinti e agli impulsi per favorire una mente fredda, lucida. A volte, per l’appunto.
Il romanzo di Gazzaniga si sviluppa su due filoni paralleli e comprende opposti che cozzano tra loro con tutta la brutalità del caso: da una parte le leggi e il senso del dovere, dall’altra un ferino senso d’onnipotenza nell’infrangerle e nel rivendicare diritti col sangue.
In virtù di questa contrapposizione, le pagine scorrono copiose sotto gli occhi a velocità sorprendente, raccontando la storica avversione tra ultrà e forze dell’ordine.
Accanto ai leader dei due schieramenti, nel libro, germogliano altri individui di ampio spessore, questo fa sì che ogni personaggio sia temporaneamente protagonista. Forse è proprio questa la bellezza del libro: non ci sono vincitori e vinti, la giustizia non è schierata.
Si può credere alle ragioni di Lorenzo, buon infermiere, ottimo ultrà nonché capo delle Facce Coperte; ci si lascia intenerire da Marione, poliziotto sfiancato da un processo troppo lungo e troppo ingiusto, iniziato per difendere un amico, un collega; si vorrebbe urlare in faccia a quel pazzo di Lupo di non giocarsi la vita in ogni scontro con la celere; si vorrebbe abbracciare Ale e dire a Fabio di non mollare. Ci piacerebbe aiutare il sovrintendente Nicola Vivaldi a completare il suo libro e prendere a schiaffi Roby, che si lascia fregare dalla sua stessa euforia, ma soprattutto si vorrebbe fermare Lisca prima che tenti di introdurre allo stadio Ferraris quel maledetto striscione. Da quel momento le storie di tutti vorticheranno e convergeranno verso conclusioni ineluttabili e, per questo, ancor più amare.
Si vorrebbe tante cose, insomma, ma si giunge all’ultimo capito, a quel “Fine” inatteso perché magari qualcosa di insperato poteva ancora succedere.

A viso coperto, nella forma, nel lessico, nella trama, non fa sconti a nessuno, nemmeno al lettore. Porta alla luce la violenza, la rabbia, la sofferenza ma anche le momentanee felicità che danno senso alla vita.
È, in effetti, un racconto di vita.
Ma si può parlare di vita senza trattare la morte? Le due fazioni che si guardano in cagnesco e si pestano davanti allo stadio tra i lacrimogeni e i volti nascosti sono imprescindibili l’una dall’altra. Gli opposti si specchiano l’uno nell’altro.
Una folla increspata di pugni chiusi e percossa da cori infamanti, quella degli ultrà, un battaglione schierato e uniformato dietro scudi e manganelli, la celere: in entrambi si riscoprono i sentimenti più viscerali dell’Uomo. Si ritrova quella voglia di libertà ingabbiata dalla convenzionalità, dalla regolarizzazione e dall’abitudine.
Gazzaniga offre, in breve, l’opportunità di affrontare l’istinto di vivere, attraverso storie connesse e indipendenti e per mezzo di idee in rotta di collisione, all’estremo dell’ordinario.
Non è possibile evitare un coinvolgimento, in particolare un coinvolgimento, tantomeno univoco, o tutto positivo o tutto negativo; tanto per ricordarci che il mondo non è a tinta unita, la vita non lo è.
Non si vive di bianco o nero, non si muore perché é giusto o sbagliato, non si è fatti di sola ragione o di solo istinto. Ci sono mille “tuttavia”, innumerevoli punti di vista.

È questa la fatica di essere uomini.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *