di Martina Signorini
Francesco Guccini ha recentemente pubblicato il “Nuovo dizionario delle cose perdute”, libro che non rientra in alcun genere letterario standard e che si può considerare come “la seconda parte” di un testo già in commercio, il “Dizionario delle cose perdute”.
Il noto cantante racconta in questo libro la storia d’Italia dal punto di vista della gente comune che ha vissuto in quel periodo storico e lo fa riportando alla memoria gli oggetti del passato che non esistono più e quelli che ci sono ancora, ma non vengono più usati.
Ha deciso di raccontare la propria vita e quella dei suoi contemporanei ai giovani e di riportare alla luce le memorie dei loro genitori e dei loro nonni. Lo ha fatto descrivendo gli oggetti che venivano usati, le credenze e le fantasie della gente, guardando talvolta in modo particolare all’aspetto linguistico (per esempio quando parla dei vespasiani, dei fiumi o dell’idrolitina).
Fra le cose “perdute” nei cassetti della memoria che vengono descritte nel libro ci sono la pezze con cui si “rattoppavano” giacche e pantaloni, i calendarietti dei barbieri, l’autoradio estraibile, le drogherie (sostituite dai supermercati), l’idrolitina e i deflettori nelle automobili.
Fra quelle che invece esistono ancora, ma “sono come gli animali in via d’estinzione” e che “forse dovrebbero essere protette dal WWF” ci sono le osterie, le cabine telefoniche, il bucato lavato con la cenere e le cartoline (che si scrivono ancora, ma non si spediscono quasi mai).
Molto interessante è il capitolo in cui parla delle merende che ci sono ancora, come la bruschetta, lo zabaione, i necci e il castagnaccio, ma vengono spesso sostituite dalle merendine, trovate al bar o al supermercato e pubblicizzate in TV.
Nel libro si parla anche dei rimedi casalinghi, del ciclismo del secolo scorso e dei miti legati all’autostop.
Leggendo questo libro si ha la sensazione di fare un piccolo passo indietro nella nostra storia, come quando i genitori o i nonni ci raccontano la loro vita. La scrittura è leggera e il registro è come quello di una conversazione quotidiana con gli amici, tanto che ci sono talvolta alcuni termini dialettali. L’autore utilizza molte domande retoriche che coinvolgono il lettore e citazioni da pubblicità che danno al testo un buon senso dell’ironia. Non da meno è la preparazione culturale, dimostrata nell’analisi etimologica di alcuni termini e nelle citazioni poetiche, che tuttavia non appesantiscono troppo il testo.
In poche parole il testo è interessante, leggero, ma non privo di note culturali, il linguaggio è semplice e talvolta ironico; insomma un ottimo lavoro apprezzabile praticamente da tutti
Francesco Guccini, Nuovo dizionario delle cose perdute, Mondadori, Milano 2014