#lapiramidedelcaffè LAB II#lapiramidedelcaffè LAB II

In data 26 Marzo 2013 è stata organizzata  una prima riunione di staff con gli studenti coinvolti nel progetto #lapiramidedelcaffè

L’incontro, della durata di circa due ore, si è svolto in orario extra-curricolare, dalle 14,30 alle 16,30.

Esso ha teso a chiarire agli allievi il planning del progetto, nonchè ad avvicinarli  progressivamente al mondo di Nicola Lecca e ai contenuti del romanzo “La piramide del caffè”.

Nella ferma convinzione che, per recensire un libro, sia necessario sentire il più possibile l’anima dell’autore, si è cercato di avvicinare gli studenti al mondo concettuale e sentimentale che ruota intorno a “La piramide del caffè”.

In questo senso, è parso opportuno condividere in contesto di classe la visione di alcune recenti interviste .

Nello specifico:

– l’intervista a Bookstore (La 7) del 16 Marzo 2013: http://t.co/GJrOzlbBPD

– la video chat di Rai Letteratura del 19 Marzo 2013: http://www.letteratura.rai.it/articoli/nicola-lecca-in-videochat/20151/default.aspx

Si è inoltre ritenuto opportuno far consultare agli studenti:

– la board Pinterest dell’Autore: https://pinterest.com/nicolalecca/

– il sito ufficiale: http://www.nicolalecca.it/

– il profilo FB: https://www.facebook.com/pages/Nicola-Lecca/145140455496779

Le consegne domestiche prevedono, in occasione della pausa pasquale, la lettura integrale de “La piramide del caffè”, da effettuarsi tra il 28 Marzo e il 3 Aprile 2013.

La prossima riunione di staff, da fissarsi in orario curricolare appena rientrati alla consueta attività didattica, avrà come oggetto privilegiato quello di illustrare agli studenti come strutturare una recensione.

In questo modo il progetto #lapiramidedelcaffè andrà allineandosi in modo coerente alle recenti direttive ministeriali, che sempre più insistentemente chiedono agli allievi competenze attive nella gestione sia orale che scritta della lingua italiana.

Elisa Lucchesi

#lapiramidedelcaffè LAB I#lapiramidedelcaffè LAB I

L’elaborazione del progetto #lapiramidedelcaffè inizia il 3 Marzo 2013 con lettura della recensione di Roberto Carnero, “Un caffè a lieto fine” su “Il Sole 24 Ore – Domenica”.

fonte

fonte “Il Sole 24 Ore- Domenica”, 3 Marzo 2013

Nel testo in questione, Roberto Carnero suggerisce  di far leggere nelle scuole “La Piramide del caffè” di Nicola Lecca, romanzo edito da Mondadori Editore in data 15 Gennaio 2013

“almeno per due motivi. Innanzitutto, perchè confronta i lettori, una volta tanto, con alcuni valori positivi (fiducia nella vita, apertura agli altri, attenzione alla società), in un momento storico in cui davanti ai nostri ragazzi vengono poste quasi sempre prospettive nere se non tragiche. In secondo luogo, per le qualità di scrittura di Nicola Lecca, caratterizzata da uno stile di notevole forza e precisione. Uno stile sez’altro da imitare”.

(fonte Roberto Carnero, “Un caffè a lieto fine”, Il Sole 24 Ore – Domenica, 3 Marzo 2013)

A seguito della lettura, Elisa Lucchesi contatta l’Autore, Nicola Lecca, tramite il suo account ufficiale Twitter @NicolaLecca e gli propone di raccogliere, insieme, la sfida lanciata da Carnero proprio dalle pagine del prestigioso inserto culturale de “Il Sole 24 Ore”.

Viene dunque deciso nell’arco di pochi minuti – grazie alla  rapidità di scambio di informazioni che Twitter consente – di far leggere e recensire “La piramide del caffè” ad alcuni studenti dell’Istituto Omnicomprensivo “E. Fermi” di San Marcello Pistoiese, dove Elisa Lucchesi insegna come docente di Latino e Materie Letterarie.

L’Autore si mostra inoltre disponibile a rispondere a dubbi o curiosità degli studenti emerse a seguito della lettura con un’intervista via mail o Twitter.

Elisa Martini, consulente Mondadori, risponde positivamente all’iniziativa e propone di inviare presso l’Istituto Omnicomprensivo alcune copie omaggio de “La piramide del caffè”.

In data 16 Marzo 2013, Elisa Lucchesi , presso l’Auditorium Parco della Musica – Roma, assiste alla presentazione de “La piramide del caffè” nell’ambito del Festival del Libro e della Letteratura, IV edizione, “Libri come l’Europa”.

L’incontro è tenuto da Nicola Lecca e Dacia Maraini.

In tale occasione, Elisa Lucchesi cura un piccolo live twitting di tono informale all’HT #lapiramidedelcaffè #libricome2013 e ha modo di conoscere personalmente l’Autore, scambiando con lui qualche rapida considerazione in merito all’avvio del progetto #lapiramidedelcaffè

Festa del Libro e della Letteratura

I testi de “La piramide del caffè”  arrivano presso l’Istituto Omnicomprensivo “E. Fermi” in data 18 Marzo 2013.

La piramide del caffè

Si procede a fissare una prima riunione di Staff con gli studenti coinvolti nel progetto in data 26 Marzo 20013, dalle ore 14,30 alle ore 16,30.

Elisa Lucchesi

Non si esce dalla crisi senza gli Stati Uniti d’Europa

Il giorno 27 Marzo 2013, il dott. Francesco Pigozzo, ricercatore presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha tenuto, presso l’Istituto Omnicomprensivo “E. Fermi” di San Marcello Pistoiese, un intervento nell’ambito del progetto #EuWay dal titolo:

“Non si esce dalla crisi senza gli Stati Uniti d’Europa”.

Lo storify dell’incontro è disponibile al link:

http://sfy.co/cGAU

Sulla solitaria spiaggia del PurgatorioOn the secluded beach of Purgatory

13 Febbraio 2013

San Marcello Pistoiese, Italia

Abbiamo fatto in precedenza riferimento alla seconda cantica della Commedia dantesca (cfr. supra).

Custode del regno oltremondano ‘di mezzo’ è Catone l’Uticense, una figura complessa, su cui è opportuno almeno per un momento soffermare l’attenzione.

Storicamente, si tratta di un famoso personaggio politico, descritto come dotato di somma rettitudine, incorruttibile e imparziale e forse proprio per questo inviso a molti uomini influenti dell’epoca. Grande sostenitore di Pompeo, pagò la sua lealtà nei confronti di quest’ultimo con la vita, decidendo di uccidersi mentre si trovava ad Utica, poiché inseguito dai soldati di Cesare.

Nella Commedia, come già accennato, lo troviamo protagonista dei primi due canti del Purgatorio e addirittura custode di quello stesso regno, nonostante, come suicida, ci aspetteremmo dovesse condividere la terrificante sorte vegetale riservata in Inferno XIIIa Pier delle Vigne e, in generale, ai violenti contro se stessi.

La scelta dantesca, apparentemente incomprensibile, trova in realtà una sua piena giustificazione se analizziamo le ragioni del suicidio dello stesso Catone, avvenuto ad Utica nel 16 a. C.

Quest’ultimo scelse infatti di togliersi la vita come atto di estrema virtus, piuttosto che rinunciare alla libertà politica che ormai Cesare aveva sottratto ai sostenitori di Pompeo.

All’interno di Purgatorio I (vv. 70-75) è lo stesso Virgilio ad indicare con chiarezza la spinta etica che ha motivato l’atto suicida:

Or ti piaccia gradir la sua venuta:/ libertà va cercando, ch’è sì cara,/ come sa chi per lei vita rifiuta./ Tu’l sai, che non ti fu per lei amara/ in Utica la morte, ove lasciasti / la vesta ch’al gran dì saros chiara”.

Proprio in virtù della parola chiave, libertà, possiamo comprendere il motivo per cui Catone, anziché all’Inferno, si trova ad essere custode del Purgatorio, vale a dire del mondo ultraterreno dove le anime si purificano e trovano la libertà dal peccato.

Utilizzando come griglia interpretativa l’interpretazione figurale di Auerbach (cfr. supra) possiamo scorgere nell’immagine del Catone storico tratti di ‘figura futurorum’, ovvero di anticipazione in chiave politica di quella spinta libertaria che assumerà tratti prettamente morali nella sua dimensione oltremondana e, dunque, eterna.

In effetti, secondo Auerbach, il Catone terreno rappresenta la ‘figura’ che rinunciò alla vita in nome della propria libertà individuale, mentre all’interno del Purgatorio esso appare, come figura svelata o adempiuta, l’emblema della libertà tout court, ovvero della peculiare facoltà data all’uomo di scegliere come agire tramite l’uso del libero arbitrio e dunque di salvarsi – anche in fin di vita – dalla dannazione eterna.

Giulia Mucci

Supervisione editoriale a cura di Elisa Lucchesi

                                                                                                      February 12, 2013
San Marcello Pistoiese, Italy

We earlier reported to the second canto of Dante’s Divina Commedia (see above).
Guardian of the kingdom otherworldly ‘middle’ is Cato the Uticensis, a complex figure, on which it is appropriate to rest for a while.
Historically, he is a well-known political figure, described as having a sum righteousness, incorruptible and impartial and perhaps for this reason hated by many influential men of the time. Great supporter of Pompeo, he paid for his loyalty with his own life and he decided to kill himself while he was in Utica, because he was being chased by the soldiers of Caesar.
In the Commedia, as already mentioned, we find him as the protagonist of the first two cantos of the Purgatorio and even guardian of that kingdom, even if, as suicide, we expect him to share the terrible vegetable fate reserved to Pier delle Vigne in Inferno XIII and, in general, to the violent against themselves.
The choice of Dante, apparently incomprehensible, is actually fully justified if we analyze the reasons for the suicide of Cato himself, which occurred in 46 a.C in Utica.
The latter in fact chose to end his life as an act of extreme virtus, rather than give up the political freedom that now Caesar had reserved for the supporters of Pompeo.
In Purgatorio (vv. 70-75) is the same Virgil to indicate clearly the ethical impulse that motivated the suicide:

Now may it please thee to vouchsafe his coming/ He seeketh his liberty which is so dear/ as knoweth he who life for her refuses/ thou know’st it; since for her to thee not bitter/ was death in Utica, where thou didst leave/ the vesture that will shine so, the great day./

Precisely because of the keyword, liberty, we can understand why Cato, instead of Hell, is found to be the guardian of Purgatory, that is the afterlife where souls are purified and they find freedom from sin.
Using as interpretative model the Auerbach’s figural thesis (see above) we can see in the image of historical Cato traits of figura futurorum, that is the political anticipation of the libertarian backing that will assume purely moral traits in its otherworldly size and, therefore, eternal.
In fact, according to Auerbach, the historical Cato is the ‘figure’ who gave up life in the name of individual liberty, while in Purgatory he appears, as unveiled or fulfilled figure, as the emblem of freedom tout court, that is the special power given to man to choose how to act through the use of free will and thus to save themselves – even dying – from eternal damnation.

G.Mucci
Editorial supervision by Elisa Lucchesi

Cittadini europei, cittadini del mondoCittadini europei, cittadini del mondo

Il giorno 26 Marzo 2013, i volontari del MFE, Emanuele Panicucci e Massimo Vannuccini, ospiti presso l’Istituto Omnicomprensivo “E. Fermi”, hanno illustrato le linee guida dell’XI Concorso “Luciano Bolis”.

Lo storify dell’evento, a cura di Giovanni Albergucci e Alice Gavazzi, è disponibile al link

http://sfy.co/bGE8

#giornatafai 23/24 Marzo 2013#giornatafai March 23/24 2013

Il 23 e il 24 Marzo è in programma la XXI Giornata FAI di primavera.

Trovate tutte le informazioni su:

http://bit.ly/Y4e4c7

Quest’anno il Fondo Ambiente Italiano apre 700 luoghi in tutta Italia, spesso inaccessibili e per l’occasione eccezionalmente a disposizione del pubblico, con visite a contributo libero.

È disponibile l’applicazione di #giornatafai per iOS e Android, per scoprire quali luoghi sono aperti nelle vicinanze.

Non dimenticate di condividere le vostre esperienze all’HT #giornatafai dando i primi posti alla cultura in TT.

Buona #giornatafai di primavera a tutti voi.

Elisa Lucchesi

#PoetryDay 21 Marzo#PoetryDay March 21

Il 21 Marzo è la giornata mondiale della #poesia ed il primo giorno di #primavera

Guglielmo IX d’Aquitania (1071-1126) celebra la dolcezza della nuova stagione in una canzone di straordinaria suggestione, Ab la dolchor del temps novel [Per la dolcezza della nuova stagione].

 

I. Per la dolcezza della nuova stagione i boschi mettono le foglie e gli uccelli cantano, ciascuno nella sua lingua, secondo la melodia del nuovo canto: dunque è bene che ognuno si volga a ciò che più desidera.

II. Dal luogo che più mi piace non mi arriva né messaggero né messaggio, sicché il mio cuore non dorme né ride, e io non oso farmi avanti finché non sono sicuro che il patto è così come lo voglio.

III. Il nostro amore è come il ramo del biancospino che intirizzisce sull’albero, la notte, nella pioggia e nel gelo, fino all’indomani, quando il sole si diffonde attraverso il verde fogliame sul ramoscello.

IV. Ancora mi ricordo dì un mattino quando ponemmo fine alla nostra guerra con un patto, e lei mi offrì un dono così grande: il suo amore fedele e il suo anello. Ancora mi lasci Dio vivere tanto che io possa mettere le mie mani sotto il suo mantello.

V. Io infatti non bado al latino ostile di quanti cercano di separarmi dal mio Buon Vicino; perché io so come vanno le parole, quando si recita una breve formula: che alcuni si vanno vantando dell’amore, e noi ne abbiamo il pezzo e il coltello.

 

da I Trovatori, trad. di C. Di Girolamo, Bollati Boringhieri, Bologna 1989.

 

A breve il commento di Guglielmo d’Aquitania, Ab la dolchor del temps novel

disponibile in “categorie”: #TwitCafèMarch 21 is World #PoetryDay and it is also the first day of Spring.

Mai fermarsi alle apparenzeNever stopping to the appearance

13 Febbraio 2013
San Marcello Pistoiese, Italia

Anche Dante vuole scrivere un poema ispirandosi a quelli antichi e prende come modello privilegiato proprio l’Eneide virgiliana: una prospettiva epica attraversa dunque la Commedia.

Si tratta tuttavia, questa volta, di un’epica nuova, cristiana.

In effetti il viaggio di Dante ricorda esplicitamente non solo quello di Enea nell’Ade, ma anche quello che Paolo aveva compiuto nel terzo cielo o addirittura, secondo le leggende medievali, nell’Inferno stesso. Fonti classiche e medievali vengono dunque riprese per trovare nuova legittimazione al tema dell’incontro con i morti.

Anzi, quest’ultimo viene assunto come struttura fondante del disegno di una nuova civiltà cristiana in grado di recuperare anche le istanze vitali del passato antico e pagano e di selezionare comunque dalla storia trascorsa e dalla cronaca del presente episodi e personaggi che preludano ad un futuro di possibile salvazione.

Con Dante, l’incontro con i morti cessa dunque di essere un episodio singolo e diventa la base strutturale della narrazione e, insieme, di un intero progetto religioso ed etico-politico.

In questo senso, risulta fondamentale parlare di polisemia: in effetti la Commedia presenta diversi gradi di lettura ed è possibile concentrarsi sul significato letterale o su quello allegorico, morale o anagogico, ossia spirituale.

La lettura in chiave simbolica del testo dantesco fa ampio uso di due procedimenti retorici che permettono di comprendere i messaggi nascosti del testo: l’allegoria e la figura. Sebbene si tratti, ad una prima occhiata, di artifici retorici simili, risultano invece riscontrabili, ad una analisi più accorta, profonde differenze.

Per allegoria s’intende la traduzione di un concetto astratto e atemporale in un’immagine concreta che si riferisca ad un codice noto sia allo scrittore che al fruitore: basti pensare a questo riguardo, alla celebre selva di Inferno I, allegoria della condizione di vita peccaminosa in cui l’uomo può perdersi fino all’autodistruzione.

Di contro, la figura risulta di fatto costruita su un personaggio o un evento storico. Un fatto realmente accaduto diventa figura di un altro quando può essere interpretato come prefigurazione di ciò che è destinato a compiersi in futuro.

Una lettura in tal senso è tipica del mondo cristiano medioevale: in questa prospettiva, ad esempio, la libertà degli ebrei dalla schiavitù d’Egitto prefigura la redenzione del Cristo e l’assoluzione da ogni peccato. Ne troviamo un chiaro esempio in Purgatorio II (vv. 46-48) in cui le anime, giunte sulla spiaggia antistante la montagna del Purgatorio, intonano coralmente il salmo 113, In exitu Israel, un chiaro riferimento alla salvezza eterna che attende l’uomo dopo la dolorosa purificazione purgatoriale.

Secondo la concezione figurale, dunque, l’intera vicenda terrena è figura del destino eterno.

Dante nella sua Commedia introduce tuttavia un’importante novità prospettica assumendo come punto di vista privilegiato non più il terreno ma l’ultraterreno. In questo modo tutto ciò che l’autore scopre nell’aldilà non è altro che la piena realizzazione dei fatti e delle singole persone la cui vita terrena è stata prefigurazione di quella che adesso conducono.

Grande studioso della figuralità della Commedia è stato il critico tedesco E. Auerbach, il quale ha chiaramente mostrato come ogni singolo accadimento dell’intera narrazione dantesca non sia affatto casuale, ma studiato in ogni minimo dettaglio per fornire informazioni preziose che riguardano la sorte dell’umanità e non solo la vita privata di Dante o i singoli accadimenti storici.

Tutti gli incontri oltremondani simboleggiano tappe che l’everyman in questo caso impersonato dal pellegrino deve affrontare. Ogni volta ci si imbatte in individui storici che rappresentano gli usi e i costumi delle proprie epoche, ma anche verità eterne e universali, poiché ciascuno di loro mantiene una straordinaria ricchezza realistica. Si crea in questo modo un legame assai stretto e imprescindibile fra concreto e astratto, singolare e collettivo, privato e pubblico.

Grazie quindi all’interpretazione figurale comprendiamo come il mondo dei morti ideato da Dante sia una specie di libro aperto sui valori e i veri significati della vita terrena, ma anche il progetto salvifico dove la storia di tutta l’umanità troverà il suo pieno adempimento.

Greta Vacchiano

Supervisione editoriale a cura di Elisa Lucchesi

13th February 2013
San Marcello Pistoiese, Italy

Dante also wants to write a poem inspired by the ancient ones, and takes as his privileged model the Aeneid of Virgil. An epic perspective, therefore, crosses the Comedy.

This time it is, however, a new Christian epic.

In fact, Dante’s journey explicitly recalls not only to Aeneas’ journey in Hades, but also what Paul did in the third heaven, or even, according to medieval legends, hell itself. Classical and medieval sources are then taken to find a new legitimacy to the theme of the meeting with the deads.
Indeed, this latter is taken as the foundational structure of the design of a new Christian civilization which can recover even the vital instances of the ancient and pagan past and to select both from the history and the present episodes and characters that foresee a future of possible salvation.
With Dante, the encounter with the deads, therefore, stop being a single episode and also becomes the structural basis of the narrative and of an entire religious, ethical and political project.

In this sense, it is essential to speak of polysemy: in fact, the Commedia has different levels of reading and you can focus on the literal, the allegorical, moral or analogical, that is the spiritual, meaning.

A reading in a symbolic key of Dante’s text makes extensive use of two rhetorical devices that enable us to understand the hidden messages of the text: the figure and allegory. Although at a first glance, they appear to be similar rhetorical trickeries, a more careful analysis shows profound differences.

In fact, allegory is defined as the translation of an abstract and timeless concept in a concrete image that refers to a code known both to the writer and the reader: for example, in this regard, the famous forest of Inferno, allegory of the sinful conditions of life in which man can lose himself in self-destruction.

In contrast, the figure is in fact built on a character or a historical event. A true story becomes a figure of another one when it can be interpreted as foreshadowing of what is destined to be fulfilled in the future.

Such a kind reading is typical of the medieval Christian world: in this perspective, for example, the freeing of the Jews from slavery in Egypt foreshadows Christ’s redemption and absolution from all sin.
We can find a clear example of it in Purgatory II (vv. 46-48) in which the souls, arrived on the beach in front of the mountain of Purgatory, sing unanimously the Psalm 113, In exitu Israel, a clear reference to eternal salvation that awaits man after the painful purgatorial purification.

So, according to the figural conception, the entire earthly life is a figure of eternal destiny.
Dante in his Commedia, however, introduces an important new perspective taking as a privileged point of view, no longer that of the land but of the afterlife.
In this way, all the author discovers, about the afterlife, is but the full realization of the facts and individuals whose earthly life was foreshadowing of what is now lead.

A great scholar of the Comedy figures was the German critic E. Auerbach, who has clearly shown that each occurrence of Dante’s entire narrative isn’t accidental at all, but designed in every detail to provide valuable information concerning the fate of humanity and not just the private life of Dante or individual historical events .
All other-world meetings symbolize the steps that every-man, in this case played by the pilgrim, must face. Each time you come across historical individuals representing not only the manners and customs of their times, but also the eternal and universal truths, since each of them retains an extraordinary realistic wealth.

In this way it is created a very close and vital bond between concrete and abstract, singular and collective, private and public.

Thanks to figural interpretation we can understand how the world of the deads conceived by Dante is a kind of open book on the values ​​and the true meaning of earthly life, but also the saving plan where the history of all humanity finds its complete fulfilment.

Greta Vacchiano

Editorial Supervisor: Elisa Lucchesi.

Esiste un amore per cui vale la pena morire?Is there a love to dying for?

13 Febbraio 2013

San Marcello Pistoiese, Italia

Citando la fugace apparizione dell’anima di Didone all’interno del libro dei morti dell’Eneide (cfr. supra) abbiamo sottolineato come lo spirito corrucciato della regina suicida ingeneri in Enea un acre rimorso.

Vale dunque la pena soffermarsi almeno un momento su questa tormentata storia d’amore e sui suoi risvolti tragici, solitamente considerati antesignani della proverbiale ostilità tra Roma e Cartagine.

Nell’opera virgiliana, Enea approda con la flotta degli esuli troiani nei pressi della città punica  per volere della dea Giunone che, persuaso Eolo, fa scatenare una tempesta sull’eroe e sui suoi compagni. Ad accogliere Enea, nella città cara a Giunone, sarà la regina Didone, esule da Tiro e vedova del virtuoso Sicheo.

Tra i due, per volontà della dea Venere, scoppia una passione travolgente destinata tuttavia a un epilogo tragico, visto che il Fato non renderà possibile la fusione tra i due popoli attraverso il matrimonio. L’eroe comincia a preparare segretamente la partenza pensando in questo modo di affievolire a Didone il dolore inevitabile del distacco.

Ma la regina intuisce e la Fama le conferma che fervono preparativi per la partenza:l’ultima notte trascorre per lei in un’agitazione insonne.

Così al sorgere dell’Aurora, dopo lunghe sofferenze notturne, Didone scorge il porto vuoto e le navi che si allontanavano. Maledice allora Enea e la sua stirpe, augurandosi che un odio eterno divida per sempre i due popoli. La sofferenza amorosa di Didone, che la rende simile a “cerva da freccia piagata”, troverà quiete infine in una morte atroce e autoindotta, al fine di una lenta agonia.

È forse proprio per questo che la sua breve apparizione, ormai come spirito dell’ombra, in Eneide VI appare così toccante: quell’Enea che è apparso insensibile in Eneide IV mostra invece di aver amato Didone, pur non potendo aderire ad un patto di nozze per volere avverso del Fato.

Se avesse potuto, volentieri egli si sarebbe fermato sui lidi di Cartagine ma, come afferma rammaricato, “la legge dei numi […] con la sua forza mi urgeva” (Eneide VI, 461-463).

Ne emerge una visione profondamente pessimistica dell’esistenza umana: i due sfortunati amanti si configurano come ignari del proprio destino e manipolati come marionette dagli dèi per il raggiungimento di scopi che, laddove esistenti, si connotano comunque come imperscrutabili.

A ben vedere si tratta di una prospettiva davvero tragica, i cui echi possono ancora cogliersi nella produzione artistica e letteraria contemporanea (cfr. infra, a questo riguardo, le considerazioni emerse in merito all’opera teatrale “Paladini di Francia”).

Martina Castelli, Alice Guerrini, Maria Ferrari

Supervisione editoriale a cura di Elisa Lucchesi

February 13, 2013

San Marcello Pistoiese, Italy

By quoting the fast apparition of Dido’s soul in the book of the dead from Aeneid (cfr. supra) we have marked how the frowning spirit of the suicided queen engineers into Aeneas a strong regret.

However, it is worth focusing a moment on this tormented love story and on its tragic reveals, usually considered to be precursors of the proverbial hostility between Rome and Carthage.

In the Virgilian play, Aeneas arrives with the fleet of Trojan exiles near the Punic city at the behest of the goddess Juno, who, after having persuaded Aeolus, sets off a storm on the hero and his companions. To welcome Aeneas, in the city dear to Juno, the queen will be Dido, exiled from Tyre and the virtuous Sichaeus widow.

An overwhelming passion begins between the two, by the will of the goddess Venus, which is destined to a tragic outcome, since Fate does not allow the fusion of the two peoples by a marriage. The hero begins to prepare secretly the start thinking in this way to weaken Dido’s inevitable pain of separation.

But the queen guesses that and Fame confirms that the preparations are full-swinging for departure: she spent the last night in a sleepless restlessness.

So at the sunrise, after some long night suffering, Dido sees the vacuum port and the leaving ships. Then she curses Aeneas and his descendants, hoping that an eternal hatred divides forever the two peoples. The love suffering of Dido, which makes her similar to a “cerva da freccia piagata (deer wounded by an arrow)”, it will find peace at last in a painful and self-induced death, after a slow agony.

It is perhaps for this reason that his brief appearance, now as a spirit from shadow, in Aeneid VI is so touching: instead Aeneas that was appeared insensitive in Aeneid IV shows his very strong love for Dido, although they can not join in marriage pact against the wishes of Fate.

If he could, he would have gladly stopped on the shores of Carthage, but as he sadly

says, “la legge dei numi […] con la sua forza mi urgeva -the law of the gods […] urged me with his strength-” (Aeneid VI, 461-463).

What emerges from that is a deeply pessimistic view of human existence: the two unfortunate lovers are configured as unaware of their destiny and manipulated like puppets by the gods to achieve some purposes which, however they exist, are characterized as inscrutable.

On a closer inspection there is a truly tragic perspective, whose echoes can still be marked in a contemporary artistic and literary production (cfr. infra, in this regard, the considerations raised-up on the play “Paladini di Francia -Paladins of France-“).

Martina Castelli, Alice Guerrini, Maria Ferrari.

Editorial Supervisor: Elisa Lucchesi