13 Febbraio 2013
San Marcello Pistoiese, Italia
Abbiamo fatto in precedenza riferimento alla seconda cantica della Commedia dantesca (cfr. supra).
Custode del regno oltremondano ‘di mezzo’ è Catone l’Uticense, una figura complessa, su cui è opportuno almeno per un momento soffermare l’attenzione.
Storicamente, si tratta di un famoso personaggio politico, descritto come dotato di somma rettitudine, incorruttibile e imparziale e forse proprio per questo inviso a molti uomini influenti dell’epoca. Grande sostenitore di Pompeo, pagò la sua lealtà nei confronti di quest’ultimo con la vita, decidendo di uccidersi mentre si trovava ad Utica, poiché inseguito dai soldati di Cesare.
Nella Commedia, come già accennato, lo troviamo protagonista dei primi due canti del Purgatorio e addirittura custode di quello stesso regno, nonostante, come suicida, ci aspetteremmo dovesse condividere la terrificante sorte vegetale riservata in Inferno XIIIa Pier delle Vigne e, in generale, ai violenti contro se stessi.
La scelta dantesca, apparentemente incomprensibile, trova in realtà una sua piena giustificazione se analizziamo le ragioni del suicidio dello stesso Catone, avvenuto ad Utica nel 16 a. C.
Quest’ultimo scelse infatti di togliersi la vita come atto di estrema virtus, piuttosto che rinunciare alla libertà politica che ormai Cesare aveva sottratto ai sostenitori di Pompeo.
All’interno di Purgatorio I (vv. 70-75) è lo stesso Virgilio ad indicare con chiarezza la spinta etica che ha motivato l’atto suicida:
“Or ti piaccia gradir la sua venuta:/ libertà va cercando, ch’è sì cara,/ come sa chi per lei vita rifiuta./ Tu’l sai, che non ti fu per lei amara/ in Utica la morte, ove lasciasti / la vesta ch’al gran dì saros chiara”.
Proprio in virtù della parola chiave, libertà, possiamo comprendere il motivo per cui Catone, anziché all’Inferno, si trova ad essere custode del Purgatorio, vale a dire del mondo ultraterreno dove le anime si purificano e trovano la libertà dal peccato.
Utilizzando come griglia interpretativa l’interpretazione figurale di Auerbach (cfr. supra) possiamo scorgere nell’immagine del Catone storico tratti di ‘figura futurorum’, ovvero di anticipazione in chiave politica di quella spinta libertaria che assumerà tratti prettamente morali nella sua dimensione oltremondana e, dunque, eterna.
In effetti, secondo Auerbach, il Catone terreno rappresenta la ‘figura’ che rinunciò alla vita in nome della propria libertà individuale, mentre all’interno del Purgatorio esso appare, come figura svelata o adempiuta, l’emblema della libertà tout court, ovvero della peculiare facoltà data all’uomo di scegliere come agire tramite l’uso del libero arbitrio e dunque di salvarsi – anche in fin di vita – dalla dannazione eterna.
Giulia Mucci
Supervisione editoriale a cura di Elisa Lucchesi
February 12, 2013
San Marcello Pistoiese, Italy
We earlier reported to the second canto of Dante’s Divina Commedia (see above).
Guardian of the kingdom otherworldly ‘middle’ is Cato the Uticensis, a complex figure, on which it is appropriate to rest for a while.
Historically, he is a well-known political figure, described as having a sum righteousness, incorruptible and impartial and perhaps for this reason hated by many influential men of the time. Great supporter of Pompeo, he paid for his loyalty with his own life and he decided to kill himself while he was in Utica, because he was being chased by the soldiers of Caesar.
In the Commedia, as already mentioned, we find him as the protagonist of the first two cantos of the Purgatorio and even guardian of that kingdom, even if, as suicide, we expect him to share the terrible vegetable fate reserved to Pier delle Vigne in Inferno XIII and, in general, to the violent against themselves.
The choice of Dante, apparently incomprehensible, is actually fully justified if we analyze the reasons for the suicide of Cato himself, which occurred in 46 a.C in Utica.
The latter in fact chose to end his life as an act of extreme virtus, rather than give up the political freedom that now Caesar had reserved for the supporters of Pompeo.
In Purgatorio (vv. 70-75) is the same Virgil to indicate clearly the ethical impulse that motivated the suicide:
Now may it please thee to vouchsafe his coming/ He seeketh his liberty which is so dear/ as knoweth he who life for her refuses/ thou know’st it; since for her to thee not bitter/ was death in Utica, where thou didst leave/ the vesture that will shine so, the great day./
Precisely because of the keyword, liberty, we can understand why Cato, instead of Hell, is found to be the guardian of Purgatory, that is the afterlife where souls are purified and they find freedom from sin.
Using as interpretative model the Auerbach’s figural thesis (see above) we can see in the image of historical Cato traits of figura futurorum, that is the political anticipation of the libertarian backing that will assume purely moral traits in its otherworldly size and, therefore, eternal.
In fact, according to Auerbach, the historical Cato is the ‘figure’ who gave up life in the name of individual liberty, while in Purgatory he appears, as unveiled or fulfilled figure, as the emblem of freedom tout court, that is the special power given to man to choose how to act through the use of free will and thus to save themselves – even dying – from eternal damnation.
G.Mucci
Editorial supervision by Elisa Lucchesi