Argomentiamo, pensiamo libera-mente!

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Bullismo, Cyberbullismo – Che fare?

Io e te

Io e te
siamo stati creati
diversamente.
Io ho i miei difetti
tu i tuoi difetti
io le mie idee
tu le tue idee.
Non è colpa tua
se hai un carattere
che a me non piace!
Non puoi cambiarlo
ed io non posso cambiare il mio!
Impariamo allora ad accettarci
a vicenda
senza discutere
su ogni cosa
su cui non siamo d’accordo
perché non c’è niente da fare:
o tu accetti il mio essere
ed io il tuo
oppure l’odio continuerà
 a sfasciare
ferocemente
la nostra umanità.
(Alice Sturiale, Il libro di Alice, Milano, Superpocket Rizzoli, 1998)
Tratta da “Io non vinco, tu non perdi” – UNICEF

Alice ha scritto questa poesia in quinta elementare, tu hai mai provato gli stessi suoi sentimenti? Sei d’accordo con lei che bisogna imparare ad accettarci a vicenda? Cosa fai se un amico si comporta in un modo che a te proprio non piace? Sei d’accordo con Alice che nessuno possa cambiare il carattere di un’altra persona? Come ti senti se discuti con qualcuno che non la pensa come te?

Il limerick del bullo

C’era una volta un bullo

con la faccia da citrullo.

Era amico di pochi bambini

perché picchiava grandi e piccini.

Ma non si accorgeva che era, solo lui, l’unico grullo, povero bullo!

Classe quinta

 

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Subisci atti di bullismo? PARLA!

Parla con babbo e mamma, con i nonni, gli zii; parla con gli insegnanti e i collaboratori scolastici; parla con il preside; parla con gli amici; parla con persone di cui di fidi  ma… PARLA!

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Articoli di cronaca ma non solo

Riflessioni sul bullismo, dalla cronaca locale a quella internazionale

ATTI DI BULLISMO SULLA MONTAGNA PISTOIESE

I piccoli e tranquilli borghi montanini si “sono svegliati”

Primissimi casi di ribellione si sono verificati in montagna

Ragazzi e ragazze si ribellano a adulti e coetanei nella speranza di sembrare “più grandi”.

MARESCA – É cronaca di questi giorni che nelle tranquille borgatine della Montagna Pistoiese si sono verificate le prime segnalazioni di casi di bullismo e di ribellione da parte di ragazzi e ragazze di Maresca e zone limitrofe. Il primo caso è stato segnalato in una scuola elementare: una bambina dopo essere stata derisa perché non aveva saputo rispondere ad una domanda posta dall’insegnante, ha avuto un piccolo battibecco con una compagna di classe la quale l’ha presa per il giacchetto l’ha alzata da terra intimandole di non rivolgersi mai più a lei con quel tono. Il secondo caso si è verificato sempre all’interno di una scuola elementare; questa volta la “vittima” del bullismo è stata l’insegnante, che al termine di un chiarimento con genitori e alunni, si è sentita rispondere in malo modo da un alunno davanti a tutti. Il terzo e ultimo caso si è verificato ai giardini pubblici dove una bambina dopo varie intimidazioni nei confronti di una coetanea ha spinto quest’ultima dallo scivolo facendola cadere sui sassi per poi riderci sopra. É triste vedere come anche in questi luoghi, dove ha sempre regnato la pace e la tranquillità, dove ci si conosce tutti, dove fino a ieri per ogni persona che si incontrava c’era un sorriso o un saluto, i giovani, anzi giovanissimi, stiano “degenerando”, crescendo senza regole ,senza educazione e rispetto nei confronti di chi è più grande, nella vana speranza di dimostrare agli adulti chissà che cosa!!!

di Rachele

(Articolo ben scritto, molto buono sia dal punto di vista formale che del contenuto. Notizia originale, non comparsa su alcun quotidiano. Lavoro consegnato nei tempi richiesti.)

Occhio al telefonino

Telefoni a scuola: quali rischi?

Bambina di 9 anni, vittima di un brutto scherzo a scuola

Il fenomeno del bullismo non sembra circoscritto solo all’età adolescenziale, ma tocca anche i più piccoli. In una scuola elementare di Agrigento si è verificato addirittura un caso di cyberbullismo. La vittima è una bambina di 9 anni, che ha rischiato di subire gravi conseguenze.

In un momento in cui la bambina si era distratta, lasciando il suo telefonino sul banco, un gruppetto di bulletti di 9-10 anni ne ha approfittato per farle un brutto scherzo. Dal telefono della compagna hanno scaricato foto di nudo da internet e, scancellandone il viso, le hanno diffuse come se l’avesse fatto la proprietaria stessa. In un’ora le immagini sono state condivise tra i compagni, raggiungendo moltissime persone. La scoperta è avvenuta nella stessa giornata, è stata allertata la famiglia e tutto è stato interrotto dalla Polizia postale. Seppur fasulle, le foto sono state passate per vere, mettendo la bambina in una situazione di grande imbarazzo e creandole seri disagi.

Questa vicenda solleva una serie di interrogativi:

Perché a dei bambini di 9-10 anni gli è venuta in mente una cosa simile?

Come mai erano così esperti di internet e di telefono cellulare?

Questo significa forse che trascorrono troppo tempo a navigare su internet dal telefonino?

È veramente necessario che dei bambini di questa età abbiano il telefono?

È veramente necessario che lo portino a scuola?

Quali gravi conseguenze avrebbe potuto subire la bambina?

di Sofia

(Articolo ben scritto, molto buono sia dal punto di vista formale che del contenuto. Interessanti le riflessioni conclusive. Lavoro consegnato nei tempi richiesti.)

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Vedi che qualcuno subisce atti di bullismo?

Non essere omertoso: parla!

Parla con babbo e mamma, con i nonni, gli zii; parla con gli insegnanti e i collaboratori scolastici; parla con il preside; parla con gli amici… parla con persone di cui di fidi  ma PARLA!

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Il bullismo è un fenomeno molto grave che colpisce tantissimi giovani in età adolescenziale ma anche in giovane età. Questo terribile atto di violenza fisica e allo stesso tempo psicologica sta colpendo un numero molto elevato di ragazzi e viene esercitato spesso da altri ragazzi coetanei.  I cosiddetti bulli colpiscono le loro vittime, esercitando su di loro una pressione fisica e psicologica molto elevata che provoca un senso di paura e di umiliazione. Molto spesso le persone che rimangono vittime del bullismo, per paura, non sanno  come risolvere il loro problema e non sanno a chi rivolgersi

Omar

(Potrebbe essere considerato un “trafiletto”, senza titolo, come invece era stato richiesto. Lavoro consegnato nei tempi.)

(Copiato da skuola.net, da La Repubblica…)

 

Episodi di bullismo a Pordenone

DERISA DAI BULLI A SCUOLA, SI LANCIA NEL VUOTO A 12 ANNI

“ NON CE LA FACEVO A RIENTRARE A SCUOLA “

Pordenone. Dopo continui episodi di bullismo, una ragazzina di 12 anni che frequenta la seconda media, si è buttata giù dalla finestra della sua camera dell’ appartamento dei suoi genitori .

I suoi genitori hanno visto la finestra aperta della sua camera e guardando giù si sono accorti che la ragazzina era sdraiata nel cortile dell’ abitazione.

La dodicenne secondo i medici non è in pericolo di vita perché, per fortuna, nella caduta avrebbe sbattuto su una tapparella aperta di una finestra del piano di sotto, che avrebbe rallentato la caduta. Ha comunque alcune fratture ossee tra cui una anche ad una vertebra.

La polizia ha dichiarato che sono episodi di bullismo quelli subiti dalla ragazza.

La ragazza ha in fatti scritto la settimana prima del fatto, alcune lettere: “Ora sarete contenti “

Lei ha dichiarato il suo disagio con il rapporto tra coetanei e compagni di scuola alla polizia e anche mentre veniva trasportata in ospedale.

La polizia sta facendo le indagini sui social network, ha sequestrato il telefonino ed il PC della ragazzina, per ulteriori indagini.

Il tentativo di suicidio di questa dodicenne di Pordenone è stato spinto dai continui disturbi dei compagni di scuola, tipico del bullismo. La ragazza avrebbe fatto questo gesto perché aveva paura di urlare al mondo le sue paure, così ha deciso di buttarsi dalla finestra.

Giulia

(Articolo di cronaca ben scritto, sia per la forma che per il contenuto.  Lavoro consegnato nei tempi.)

 

SCUOLA: Aumentano i casi di bullismo 
    IL BULLISMO SECONDO ME
Il bullismo spiegato sotto il mio punto di vista
 
 
      Il bullismo è una forma di violenza compiuta da giovani verso i loro coetanei. E’ una forma di prepotenza fatta soprattutto da ragazzi che si sentono più forti di altri. Questi atti vengono spesso ripetuti nel tempo e sempre verso le persone più deboli ed indifese che per carattere non riescono a reagire.
     Il bullismo nelle scuole spesso è fatto da ragazzi che hanno scarso rendimento scolastico e non hanno una guida da seguire che li indirizzi verso un comportamento migliore.
     Il bullismo, contrariamente a quello che uno può pensare, non è fatto solo da ragazzi ma anche da ragazze in maniera meno manesca ma più psicologica.
     Chi subisce bullismo deve riuscire a trovare la forza di chiedere aiuto e non di chiudersi in se stesso per evitare spiacevoli situazioni che spesso non hanno ritorno dandola vinta ai bulli.
     Nel corso degli anni sono cambiate molto le generazioni di giovani, oggi non ci si diverte più se non si esagera e non si vive sopra le righe: infatti prima queste forme di violenza non si verificavano molto spesso o, comunque, non avevano conseguenze pesanti mentre al giorno d’ oggi sono all’ordine del giorno sempre più eccessive e pericolose.
     Il bullo tende sempre a essere seguito da uno sciame di ragazzi che seguono alla lettera quello che il loro leader gli dice di fare, un po’ per riverenza verso la sua figura e un po’ per non mostrare nessuna debolezza e quindi subire le sue violenze.
     Secondo me coloro che hanno questi comportamenti sono giovani che spesso hanno situazioni familiari infelici: magari genitori che litigano sempre oppure che applicano violenza coniugale e quindi non seguono i figli dandogli un’istruzione corretta e, quest’ultimi, sfogano  la loro rabbia e frustrazione fuori dalle mura domestiche.
     Cose del genere potrebbero forse essere evitate se i genitori per primi seguissero di più e costantemente i loro figli, li controllassero meglio senza dargli totale libertà e anche se a scuola ci fossero figure di guida e di riferimento per gli alunni.
Lorenzo T
(Articolo molto interessante sul bullismo. Ben scritto. Ottimo il contenuto ricco di riflessioni personali. Lavoro consegnato nei tempi.)

 Ucciso ad Alatri ragazzo di 20 anni da un gruppo di coetanei

Alatri-  Massacrato un ragazzo di nome Emanuele Morganti con pugni, calci e colpi
di spranga, il ragazzo non è morto subito ma in ospedale. Il gruppo che lo ha massacrato era composto da nove persone di cui due sono accusate del suo omicidio.
Il motivo del aggressione  sembrerebbe causato dall’apprezzamento sgradito nei
confronti di una ragazza, ma sono ancora in corso le indagini.
L’aggressione è avvenuta all’esterno del  Music Club Mirò, un Circolo  ARCI di
Alacri.
Per  l’omicidio  sono  stati  arrestati  due  ragazzi  di  27  e  20  anni  di  nome  Mario
Castagnacci  e  Paolo Palmisani,  due fratelli con  precedenti  per droga; l’accusa è   di
omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
L’unico a difendere il ragazzo è stato il suo amico colpito e calpestato dal branco.
I due fratelli accusati dell’omicidio si proclamano innocenti al momento si trovano
rinchiusi in isolamento alla prigione di  Regina Coeli. I due sono stati arrestati grazie alla
testimonianza di molti ragazzi.
Il funerale del ragazzo si è svolto a Tecchiena in provincia di Frosinone. La rabbia
del fratello : “Solo uno l’ha difeso. Assurdo che nessun parli.”
È  stata  organizzata  una  fiaccolata  in  ricordo  del  ragazzo  e  per  dire  no  alle
aggressioni, tutto il paese era presente alla fiaccolata.

Filippo S

(Articolo ben scritto; molto buono il contenuto, il titolo manca del sommario e dell’occhiello. Lavoro consegnato nei tempi)

 

Nuovo episodio di bullismo a scuola.

Ragusa: bulli fanno ballare nudo in strada un compagno di scuola

Il giovane aveva già subito atti di bullismo. Individuati i componenti del branco, tutti fra i 14 e i 18 anni . Due ragazzi denunciati.

Uno studente di un istituto superiore di Ragusa è stato vittima di bullismo da parte di alcuni suoi compagni d’istituto.

È stato costretto a ballare e a denudarsi davanti ad una adolescente in attesa del pullman che lo riportasse a casa. Il gruppo di bulli, non contenti hanno registrato la ‘perfomance’ e l’hanno postata su un social.

Il fatto è successo alcuni giorni fa alla fermata del bus davanti alla scuola.

Il ragazzo, stanco di subire, ha raccontato tutto ad un docente che ha informato il dirigente scolastico che a sua volta ha allertato gli agenti della Squadra Mobile di Ragusa.

I poliziotti poi hanno interrogato i ‘bulli’ che si sono contraddetti ma messi alle strette hanno confessato e alla fine sono pure scoppiati a piangere. I responsabili, tutti ragazzi tra i 14 e i 18 anni, sono stati individuati. Due di loro sono stati denunciati per violenza privata.

I poliziotti hanno ottenuto anche che chiedessero scusa al loro compagno per confermare il loro pentimento.

Nadia

(Articolo di cronaca ben scritto, sia per il contenuto che per la forma. Lavoro consegnato nei tempi.)

Atteggiamento di violenza fisica o psicologica verso i più deboli

IL BULLISMO

BAMBINI DISABILI AGGREDITI E FILMATI, BAMBINI MALATI DERISI,BAMBINI TORMENTATI DA BULLI CHE TENTANO IL SUICIDIO, FOTO MESSE IN RETE…

Il bullismo è un atteggiamento di violenza fisica o psicologica verso i più deboli.

Alcuni ragazzi, infatti, si credono di essere più forti e bravi facendo dispetti e offese ad altri bambini, ma in realtà dimostrano solo e soltanto debolezza interiore. I ragazzi bulli, agiscono specialmente in gruppo, si fanno forti e si spalleggiano l’uno con l’altro. Di solito, sono ragazzi che non sono bravi a scuola, ai quali si aggregano talvolta altri bambini che credendoli più forti preferiscono stare dalla loro parte per la paura di subire le loro violenze; in molti casi, i bambini vittima di bullismo sono quelli un po’ più timidi e a volte con un difetto fisico. Gli atti di bullismo nascono principalmente nelle scuole ma poi si sviluppano anche nella vita sociale del bambino preso di mira. A scuola, i bulli possono iniziare la loro triste carriera, rubando penne e matite ad altri bambini, mettendoli in difficoltà davanti alle interrogazioni, minacciandoli e non facendoli giocare con loro. Man mano che crescono i bulli diventano sempre più aggressivi e quindi le loro azioni sono sempre più gravi. Ad esempio possono arrivare anche a picchiare i bambini più deboli e talvolta anche disabili e fargli gravi offese verbali. In questi ultimi anni poi con il sopravvento dei Social gli atti di bullismo viaggiano anche in rete; infatti, con un semplice “clic” i bulli possono emarginare ed umiliare i bambini più deboli e bravi escludendoli semplicemente dai “loro” gruppi Whatsapp, Instagram ecc. oppure più grave, diffondendo in rete foto e video di violenze che poi si diffondono a migliaia di persone ad un ritmo virale.

La mia domanda però è questa… Perché i bulli si comportano in questo modo??? Beh…la risposta è semplice, anzi semplicissima…i bulli sono i veri e gli unici ragazzi deboli, le loro violenze nascondono solo le loro insicurezze ed il gruppo gli serve per farsi forza e coraggio l’un l’altro.

I bulli hanno un grande bisogno di aiuto.

Allora tutti insieme uniti prendiamoci per mano abbattiamo il muro dell’indifferenza e diciamo a gran voce STOP…BASTA AL BULLISMO!!!

Lorenzo A

(Interessante articolo di riflessione sul bullismo, con conclusioni personali. Ben scritto. Lavoro consegnato nei tempi)

 

 

Dal Blog “Il crostino” di Agata

 OGGI NEL CROSTINO SI PRESENTA:

Il bullismo e come affrontarlo

Negli ultimi tempi ci sono stati molti atti di bullismo e di cyberbullismo in tutto il mondo.

Cos’è il bullismo?

Il bullismo è una forma di potenza e di superiorità, praticata dai più forti verso i più deboli o ai nerd.

E il cyberbullismo?

Il cyberbullismo è la forma di bullismo praticata sui social network.

COME TUTTI POTREMMO AFFRONTARLO:

1]chiamare un adulto che potrebbe impedirglielo;

2]reagire a tutte le forme di bullismo compreso quello cyber;

3]cercare di fare un video, ma non postarlo perché questo sarebbe cyberbullismo.

(Come sempre hai un modo speciale e originale di realizzare i compiti che ti vengono assegnati. Lavoro consegnato nei tempi.)

E’ un  fenomeno sociale sempre più diffuso
Il bullismo nelle scuole e nella società in generale
Purtroppo gli episodi sono sempre di più e sempre molto gravi

Il bullismo è un fenomeno molto grave che colpisce tantissimi ragazzi  in età adolescenziale ma anche in giovane età. Questo terribile atto di violenza fisica e allo stesso tempo psicologica sta colpendo un numero molto elevato di ragazzi e viene esercitato spesso da altri ragazzi della stessa età. Questi ragazzi hanno paura a dirlo perché sanno che dopo gli succede peggio; speriamo che questo fenomeno sia sconfitto al più presto per la tranquillità e la sicurezza di genitori e bambini.
 
Antonio

(Articolo breve che spiega cosa sia il bullismo, potevi arricchirlo con considerazioni personali. Buona la forma, il titolo è completo. Lavoro consegnato nei tempi.)

(estrapolato da skuola.net, La Repubblica… scuola.repubblica.it/toscana-firenze-smsdantealighieri/2017/02/01opinioni-a-confronto-uncaso-di-bullismo-con-gravissime-conseguenze)

BULLiSMO E CYBERBULLISMO L’ INCUBO DEI RAGAZZI

IL BULLISMO VIRTUALE

Il cyberbullismo è il nuovo incubo dei ragazzi che vengono ritenuti “deboli”

 

Bullismo e cyberbullismo, aumentano i reati.”

Gli americani definiscono il bullismo come “un’epidemia silenziosa”, che Internet ha reso ancora più nascosta. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat sul bullismo (“Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi”), pubblicato a dicembre, tra i ragazzi che usano cellulare e Internet, il 5,9 % ha denunciato di avere subìto ripetutamente azioni offensive tramite sms, mail, chat o social network.
Vittime, più di tutti, sono le ragazze: il 7,1% contro il 4,6 dei ragazzi.

Si parla di statistiche che riguardano soprattutto adolescenti di età tra i 14 e i 17 anni. Più di nove adolescenti su dieci usano un telefono cellulare, la metà usa un personal computer, sette su dieci usano Internet. Due ragazzi su tre, poi, ritengono che il cyber bullismo sia un fenomeno in crescita. Dati che non tengono conto di chi non denuncia. In Italia non esiste un reato di cyber bullismo, così come non ne esiste uno per il bullismo in generale.

“Un comportamento bullo – si legge sul sito dei Carabinieri – è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare. Spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”.

I reati, di solito, sono quelli che derivano da questo comportamento: stalking, diffamazione online, ingiurie, molestie, furto di identità digitale sui social network. E secondo i dati della Polizia Postale, in Italia nel 2015, ci sono state 6 denunce per stalking, 36 per diffamazione online, 18 per ingiurie, 16 per molestie e 59 per furto di identità digitale. È un modo di perpetuare il dominio di chi si crede ed è creduto “forte” su chi è creduto, e troppo spesso si crede, “debole”. Ed è il risultato di un disagio psichico e relazionale del bullo o, sempre più spesso, della bulla, un modo spaventato e infelice di affermare la propria presunta e rassicurante normalità.

Il bullo, per opinione nostra, è attratto dai bambini che si credono deboli ed è per questo che essendo un loro stato mentale, vengono presi di mira, “presi in giro e picchiati”.

Il cyberbullismo viene fatto dai bambini o ragazzi che non hanno il coraggio di dire le cose in faccia, ma si nascondono sui social e prendono le persone in giro. Generalmente non agiscono da soli, ma in gruppo, mettendo in difficoltà altri ragazzi soli che nella vita vera si sentono deboli.

Secondo noi il bullismo in tutte le forme è sbagliato dovrebbe essere un reato punibile severamente.

Andrea e Filippo B

(Interessante articolo di riflessione sul bullismo, con opinioni finali anche personali. Deve essere apprezzato inoltre il lavoro in team perché, come sappiamo, nei quotidiani il lavoro è di gruppo. Compito consegnato nei tempi. Sono citate le fonti)

Bullismo- Jonathan

Bullismo- Scout, gli hanno fatto la pipì addosso!

A Venezia hanno legato un ragazzo ad un albero, lo hanno picchiato, hanno finito l’opera facendogli la pipì addosso. Non si sentiva accettato dal gruppo Scout, la famiglia ha chiesto aiuto ad una psicologa.

Bullismo a scuola

1- Una ragazza è stata presa di mira dalle sue compagne di scuola. La prendevano in giro, dicendo che era brutta e spaventavano ogni ragazzo che le si avvicinava, poi, dopo un po’, se ne andavano.

2- Un ragazzo rappresentante di classe era obbligato a coprire i suoi compagni bulletti che uscivano da scuola di nascosto, altrimenti sarebbe sta picchiato. Il babbo ha dovuto insegnare al figlio a difendersi e a ribellarsi.

Info: Corriere della Sera

Produzione: 3 aprile 2017

Autrice: Alice D’este

(Trafiletti* sul bullismo. Questo non è un vero e proprio articolo, ma ci ha fatto imparare una nuova parola giornalistica. Riporta la fonte.)

Nel linguaggio giornalistico, breve articolo, in genere senza titolo.

Bullismo a Pistoia: la vittima di 14 anni è stata
picchiata a cinghiate

Il ragazzino andava alle superiori.
Una mattina alle nove il ragazzo è andato in caserma con i suoi genitori a denunciare il caso.
Ha raccontato che all’inizio lo prendevano in giro, gli dicevano che puzzava e che non si lavava.
Poi sono passati agli sputi, ma il ragazzino non faceva caso a niente, e
pensava che la situazione fosse finita, ma invece gli insulti continuavano.
Finchè un giorno all’uscita di scuola il gruppo lo fermò e fu preso a cinghiate.
Il ragazzo, tornato a casa, raccontò tutto ai suoi genitori che decisero di denunciare il caso.
Dario

(Breve articolo, ben scritto. Nel titolo mancano occhiello e sommario. Lavoro consegnato con un piccolo ritardo)

CYBERBULLISMO

I Cyberbulli sono bulli (Haters) che prendono in giro le altre persone sui social network. Secondo me è molto brutto, perché  i social network sono visibili da molte persone.

Ho notato che su youtube vengono offesi i ragazzi che aprono un loro canale: secondo me ognuno deve avere la libertà di fare ciò che desidera, rispettando il prossimo. Quindi i ragazzi grandi non dovrebbero offendere quelli più piccoli alle prime esperienze. Ognuno dovrebbe essere tranquillo e fare le proprie esperienze.

Alcune persone mettono sui social video imbarazzanti, in cui la vittima viene picchiata o presa in giro. Di solito il branco segue il carnefice, perché  è difficile prendere le distanze da chi vuole apparire forte. Così i deboli sono sempre più deboli, derisi dal gruppo. Bisognerebbe avere il coraggio di denunciare oppure di chiedere aiuto agli adulti. Sarebbe anche importante affrontare il bullo, non con la violenza, ma con le parole e provare a fargli capire gli errori. Il bullo è sicuramente più debole della vittima, ha bisogno di apparire, di essere grande agli occhi degli altri.

I bulli si sentono più sicuri ad agire sui social, perché  non sono visti per davvero: è una realtà virtuale, ma più pesante di quella vera. Questo perché  l’episodio si amplifica, può essere visto da tutti.

Giovanni

(Articolo ben scritto, riporta riflessioni personali molto interessanti  sul cyberbullismo. Nel titolo mancano occhiello e sommario.)

Il Bullismo

Spesso ho sentito parlare di bullismo alla televisione, i ragazzi sono presi di mira da un gruppo di coetanei soltanto perché sono più fragili o semplicemente perché considerati “diversi” nel modo di vestire o di parlare, perché non sono alla moda o perché, magari, sono più timidi.

Io penso che i bulli si facciano forza con il gruppo, da soli conterebbero poco. Penso che ci vorrebbero leggi più rigide. I bulli dovrebbero pagare per i loro gesti aiutando gli altri, magari gli anziani, oppure lavorare con gli animali. Bisognerebbe  aiutare questi ragazzi a inserirsi nella scuola o nella vita di tutti i giorni.

Mirco

(Breve articolo ma ben scritto con riflessioni personali. Potrebbe essere considerato un trafiletto in quanto nel titolo mancano il sommario e l’occhiello)

Prima Riflessione: come abbiamo detto in classe, è importante riportare le fonti da cui è stato tratto l’articolo.

Seconda riflessione: When? Negli articoli manca la data, quelli di cronaca non ci dicono quando sia avvenuto il fatto, degli altri non si sa quando siano stati scritti.

Compito per i ragazzi di quinta: leggi tutti gli articoli e dai a ciascuno un punteggio da 1 a10. Consegna i punteggi entro venerdì 5 maggio 2017

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-In questi giorni stiamo parlando di “bullismo”, secondo te qual è il modo migliore per affrontare o reagire a un bullo?-

“Per affrontare i bulli serve freddezza e autostima e non farsi ferire dai loro gesti.”

“Io penso che il bullismo sia un problema serio nella vita sociale e penso che l’unico modo per affrontarlo e, quindi, sconfiggerlo sia quello di non vergognarsi e denunciare tutti i fatti e le cose che accadono a noi e agli amici”

“Bisogna farci coraggio e parlarci”

“Secondo me, il modo migliore per affrontare un bullo è non farsi vedere debole, reagire, difendersi e riferirlo ai propri genitori”

“Non dare soddisfazione al bullo”

“Secondo me, il modo migliore per vincere il bullismo è non avere paura, anche se è molto brutto quello che ti fanno, e dire tutto alle maestre e ai genitori”

“Secondo me, se sei vittima di bullismo devi dirlo a qualcuno e il bullo dovrebbe essere aiutato a migliorare”

“La cosa migliore da fare è denunciare queste persone perché con il silenzio non si fa altro che favorire il bullismo”

“Per affrontare un bullo, secondo me, non dobbiamo assolutamente “chiuderci a riccio” ma dobbiamo parlarne con i nostri amici, genitori, insegnanti… Anche gli adulti dovrebbero far conoscere ai ragazzi questo problema facendo loro capire che questa cosa non è uno scherzo e che il bullismo può avere conseguenze tragiche”

“Se c’è un bullo che mi perseguita reagisco in due modi: 1- se mi picchia scappo o gli tiro un pugno nei..; 2- se mi prende in giro lo ignoro”

“Il modo migliore per affrontare un bullo è quello di non reagire alle offese e denunciare il fatto agli insegnanti e ai genitori”

“Per affrontare un bullo io chiamerei un adulto. Dopo un fatto di bullismo andrei dagli insegnanti o dal preside, oppure dai genitori”

“Il modo migliore di affrontare un bullo è quello di chiamare una persona adulta per fermarlo”

 

COME DIFENDERSI DAI BULLI , 10 regole utili

 

1) Se ti capita di vedere, nella tua scuola, che qualcuno subisce prepotenze, devi parlarne con un adulto.

2) Se tu stesso subisci prepotenze o atti di bullismo, parlane con un amico, con un insegnante o con i tuoi genitori. Ricorda che le cose non cambieranno finché tu non racconterai ciò che succede.

3) Cerca di ignorare il bullo e impara a dire “NO” con molta fermezza, poi girati e allontanati. Ricordati: è molto difficile per il prepotente continuare a prendersela con qualcuno che non vuole stare lì ad ascoltarlo.

4) Cerca di non mostrare che sei impaurito o arrabbiato. Ai bulli piace ottenere una qualsiasi reazione, per loro è “divertente”. Se riesci a mantenere la calma e a nascondere le tue emozioni, potrebbero annoiarsi e lasciarti stare.

5) Durante gli intervalli, quando siete in tanti nello stesso spazio, cerca di stare in una zona tranquilla e sicura (nei pressi di qualche adulto, vicino ai compagni che ti proteggono, etc.).

6) Cerca di evitare di trovarti da solo in quei posti in cui sai che il bullo si diverte a prendersela con te. Questo può significare cambiare la strada che percorri per andare a scuola o utilizzare soltanto le stanze comuni o i bagni quando ci sono altre persone. Sull’autobus cerca di sederti vicino all’autista o a qualche adulto.

7) Se vieni picchiato dillo subito a un bidello o a un insegnante e chiedi che scriva quello che è successo.

8) Non venire alle mani può essere di aiuto. Se tu fai a botte con i bulli potresti peggiorare la situazione, farti male o prenderti la colpa di aver cominciato il litigio.

9) Mantieni un diario di quello che ti sta accadendo. Scrivi i particolari degli episodi e le tue sensazioni. Quando ti deciderai a dirlo a qualcuno, una memoria scritta degli episodi di bullismo renderà più facile dimostrare come sono andate le cose .

10) Il bullismo fa stare molto male e, se senti che non ce la fai ad affrontare e risolvere la situazione, può essere utile che ne parli anche con il tuo medico o con uno psicologo.

Associazione EducaCi

(Liberamente adattato da: Io non vinco, tu non perdi, UNICEF, ottobre 2004)

Le nostre poesie-messaggio

Perché io?

Perché io

che porto gli occhiali

che sono più basso

che sono più alto

che sono più grasso

che sono diverso.

Perché io?

Non posso più sopportare

questa vita, questi modi.

Dico: “Basta

a questi comportamenti!”

Filippo S,

Il nostro carattere

Io ho un carattere un po’ strano

ma lo amo perché è solo mio.

Tu hai un carattere speciale

ma questo solo secondo te.

Qui la gente ci giudica

con pareri molto diversi:

siamo buoni, siamo cattivi.

Ma noi, in realtà,

come ci giudichiamo?

Il giudizio degli altri non conta.

Quello che conta

è come noi ci sentiamo

e come ci vediamo veramente.

Ma anche il nostro giudizio

non conta tanto…

nessuno è perfetto,

basta amarsi veramente.

Lorenzo T, Nadia, Mirco

Il limerick > come si fa

C’era una volta un limerick                 A   > Il primo verso indica il protagonista

che stava insieme con colla stick.      A    > Il secondo indica una “qualità” del protagonista

Rimase appiccicato a un cartellone                B > Il terzo 

e fu gettato, ahimè, dentro un bidone.           B > e il quarto narrano ciò che accade

Nel tonfo le parole fecero click, a quel  povero limerick!  A > Il quinto riprende il primo aggiungendo una qualità

Il limerick è una breve poesia umoristica, un nonsense,  in rima di cinque versi. 

Lo schema delle rime del LIMERICK è AABBA

Il LIMERICK  fu inventato da Edward Lear ( Londra 1812 -San Remo 1888).

 

 

 

Nativi americani, storie di diritti negati

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Il primo marzo 2017 abbiamo incontrato il Dr. Alessandro Martire il quale ci ha raccontato  della sua esperienza con i nativi americani e delle loro tradizioni.

   “Il Dr. Alessandro Martire, è il presidente dell’Associazione Wambli  Gleska, ed è l’unico soggetto ufficialmente autorizzato in Italia ed Europa a rappresentare il popolo Sioux (Lakota-Sicangu) di Rosebud, nonché gli Oglala di Pine Ridge; ad esso è stato conferito mandato di rappresentanza ed è Membro Onorario della Nazione Lakota Sicangu per mozione del popolo e con atto deliberativo del 1999 che lo nomina Componente della nazione Sicangu Sioux a tutti gli effetti di legge, nonché loro Avvocato Internazionale. Il suo nome Lakota è: “colui che parla per la sua gente” in Lingua Lakota “Oyatenakicijipi”, In base alle risoluzioni internazionali della Nazione lakota Sicangu di Rosebud n 202/95 -43/98- 44/98- 45/98 e n 165 emessa in data 5 agosto 2008. E’ figlio adottivo di Leonard Crow Dog Senior, e adottato ufficialmente dalla famiglia Brings Plenty- Ota Au’, nel maggio del 2014…”

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Disegno  Filippo S.

Riflessioni sui Nativi Americani

 

Tieni stretto ciò che è buono

Tieni stretto ciò che è buono,

anche se è un pugno di terra.

Tieni stretto ciò in cui credi,

anche se è un albero solitario.

Tieni stretto ciò che devi fare,

anche se è molto lontano da qui.

Tieni stretta la vita,

anche se è più facile lasciarsi andare.

Tieni stretta la mia mano,

anche quando mi sono allontanato da te.

***

Hold on to what is good,

even if it’s a handful of earth.

Hold on to what you believe,
even if it’s a tree that stands by itself.

Hold on to what you must do,

even if it’s a long way from here.

Hold on to your life,

even if it’s easier to let go.

Hold on to my hand,

even if someday I’ll be gone away

from you!

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Il 3 marzo una mamma, appassionata dei nativi americani, ci ha parlato della storia di Cavallo Pazzo.

CAVALLO PAZZO E LA TRAGEDIA DEI SIOUX

di Simona Strufaldi

Questa è la breve storia di uno dei più famosi Sioux vissuto nel South Dakota nella seconda metà dell’ottocento, ma è anche la triste storia di tutti i nativi americani a seguito della colonizzazione europea.

La figura di Cavallo Pazzo, Tashunka Uitko, in lingua Lakota, affascina più di ogni altra, forse per l’alone di mistero che da sempre ha accompagnato la vita di questo grande guerriero indiano.

E’ un mistero la data della sua nascita, che viene collocata dagli studiosi intorno al 1840-1841 nel South Dakota, un tempo popolato dai Sioux, con la grande prateria settentrionale e le grandi rocce che precedono le Montagne Rocciose, ossia le Black Hills, Colline Nere, Paha Sapa (in lingua Lakota), le montagne sacre di tutte le popolazioni Sioux del Nord America.

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Oggi sul lato di una di queste vette sacre, su un picco chiamato Mount Rushmore, gli americani hanno scolpito i volti giganteschi dei quattro presidenti americani più rappresentativi della storia, quasi a voler ribadire che quei territori, un tempo popolati solo dai Sioux, sono di proprietà dell’”uomo bianco” e del governo americano ed a ricordare lo sterminio dei nativi americani da parte dei colonizzatori europei.

Dopo molti anni ed a poca distanza da questa imponente opera, è stato scolpito un monumento altrettanto gigantesco, a colpi di dinamite, che ritrae la sagoma di Tashunka Uitko a cavallo.

Fu proprio qui che nacque Cavallo Pazzo: può sembrare strano che la data precisa della sua nascita non sia nota, mentre è noto il luogo preciso, ma ciò non deve sorprendere se si pensa che per i Sioux erano più importanti i luoghi rispetto al tempo e alle date convenzionali.

A quei tempi la grande tribù dei Sioux era divisa in tante “sotto tribù” (almeno sette): il padre di Cavallo Pazzo, apparteneva alla tribù dei Sioux Oglala, mentre la madre era la sorella del grande capo Sioux Brulè, Coda Chiazzata.

Sembra che i suoi capelli fossero più chiari di quelli degli altri indiani e che fosse ricciolo, tanto che da bambino venne soprannominato “Riccetto”, ma non sappiamo se fosse veramente così perché, a differenza degli altri capi e guerrieri indiani come Toro Seduto, Nuvola Rossa, Piccolo Grande Uomo, che accettarono di farsi ritrarre con piumaggi e altro dai fotografi ambulanti, Cavallo Pazzo rifiutò sempre di lasciarsi riprendere ed imprigionare la sua anima.

Cavallo Pazzo crebbe nella tribù del padre e fu una infanzia felice per diversi motivi.

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Da un lato, come tutti i bambini Sioux, era viziato e coccolato dall’intera tribù e soprattutto era libero; non c’erano orari, scuole, compiti a casa e pochissima disciplina: la scuola era la vita, che insegnava le arti, la tecnica, le tradizioni, le culture.

Dall’altro lato, il popolo Sioux non aveva ancora conosciuto la vera guerra con i colonizzatori e con il governo americano.

A quel tempo, infatti, le invasioni dell’uomo bianco si erano limitate al passaggio delle carovane dirette verse le terre dell’ovest ed i Siox guardavano con curiosità questi strani uomini diretti chissà dove e alcune volte avevano anche attaccato queste carovane che calpestavano senza permesso i luoghi a loro sacri.

Inoltre, vi erano le guerriglie con le tribù storicamente rivali dei Sioux (come i Corvi e gli Arapaho) per questioni di territorio o di bestiame, ma erano scaramucce ad armi pari e tra popoli con la stessa cultura e le stesse tradizioni.

Cavallo Pazzo era un solitario, un tipo un po’ strano, che talvolta lasciava il gruppetto dei compagni per starsene in solitudine e ciò caratterizzerà l’intera sua esistenza: non amava dipingersi il corpo o la faccia come gli altri, non partecipava quasi mai alla Danza del Sole o della Luna ed in guerra portava soltanto una piuma di falco rosso (suggerita da una delle sue tante visioni) ed un gonnellino di pelle attorno alla vita.

Durante l’adolescenza Cavallo Pazzo attirò l’attenzione di un famoso guerriero, Schiena Alta, ed il padre fu contento che il figlio imparasse da lui l’arte della guerra: sembra che all’inizio Cavallo Pazzo avesse qualche difficoltà ad imparare ad andare a cavallo, ma aveva una capacità soprannaturale di resistere al dolore ed al freddo.

Era sicuramente un sognatore, un uomo che viveva costantemente tra la realtà ed il mondo dei sogni, che per un Sioux era il mondo di Dio e da ragazzo cominciò ad avere importanti visioni, dapprima nella pace della prateria, di mandrie di bisonti che si avvicinavano al villaggio o di tribù nemiche nei paraggi, poi visioni più tragiche riguardanti l’avanzata dell’uomo bianco e le sue visioni si rivelarono sempre veritiere.

Spesso ricercava il contatto con Dio e le visioni isolandosi per mesi, senza che nessuno sapesse dove era, praticando il digiuno, per poi tornare all’accampamento con nuove rivelazioni.

In gioventù Cavallo Pazzo passò circa due anni presso la tribù dei Cheyenne, amici storici dei Sioux, innamorato di una giovane indiana vedova chiamata Donna Gialla e fu qui che ebbe il primo vero contatto con l’esercito americano, quando ci fu un grande massacro di questa tribù da parte dell’uomo bianco.

Cavallo Pazzo capì che ormai l’invasione dei bianchi era una realtà e sentì il dovere di tornare alla sua tribù per difendere la sua gente.

Poichè gli scontri con gli indiani erano sempre più frequenti e la “questione indiana” stava diventando un problema, il governo americano invitava sempre più spesso i capi delle varie tribù a stipulare trattati di pace che, però, venivano immancabilmente violati dai soldati americani stanziati nei territori indiani.

E tali violazioni si erano fatte più frequenti con il passare degli anni lungo la Strada Sacra (Sentiero dell’Oregon), che malgrado fosse stata assegnata agli indiani, veniva costantemente attraversata da carovane e carovane di bianchi e ciò aveva portato ad una grave diminuzione dei bisonti, che rappresentavano la principale fonte di sostentamento dei nativi americani.

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Di conseguenza gli assalti alle carovane divennero sempre più frequenti da parte degli indiani che difendevano i loro territori: il governo americano pensò allora di approfittare della mancanza di cibo dei Sioux, stabilendo che solo gli indiani “amici”, ossia quelli che non avrebbero più assalito le diligenze di bianchi, avrebbero avuto gli aiuti alimentari dal governo.

La gioventù di Cavallo Pazzo è segnata dalla progressiva invasione da parte dei coloni e si trovò spesso ad affrontare l’esercito americano.

Ben presto crebbe la sua fama di guerriero, anche nelle altre tribù e persino l’uomo bianco temeva questo grande guerriero capace di guidare migliaia di altri guerrieri e le cui visioni erano tenute in grande considerazione.

La guerra con i bianchi arrivò al culmine a causa dell’invasione delle Black Hills, che il trattato di Fort Laramie aveva attribuito definitivamente in proprietà agli indiani, in quanto si era sparsa la voce che in quelle terre era stato trovato l’oro.

Nel 1874 migliaia di soldati, guidati dal Generale Custer, invasero senza rispetto le Black Hills: i più importanti leader delle tribù, tra cui anche Toro Seduto dei Sioux Hunkpapa, che avevano rifiutato di vivere nelle riserve, rifiutarono anche di cedere le Colline Sacre e ignorarono l’ultimatum del governo che ingiungeva agli indiani fuori dalle riserve di consegnarsi alle autorità militari.

Fu così che si giunse allo scontro del fiume Rosebud, dove si trovavano accampati i Sioux Oglala e gli Hunkpapa di Toro Seduto, ma anche i Cheyenne, i Piedi Neri, gli Arapaho e i Senza Arco e che, guidati da Cavallo Pazzo, riuscirono ad infliggere un duro colpo all’esercito americano.

Ma la battaglia forse più famosa fu quella contro il 7° Cavalleria guidato dal Generale Custer che fu ucciso dallo stesso Cavallo Pazzo.

Tuttavia, dopo tale battaglia le tribù furono costrette a dividersi, perché l’esercito americano dava loro una caccia spietata.

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L’accampamento di Cavallo Pazzo fu raggiunto dai Sioux Hunkpapa giudati da Toro Seduto, ma giungevano sempre più notizie di tribù che si erano arrese e avevano accettato di vivere all’interno delle riserve sotto il controllo dell’esercito americano e dopo un inverno di stenti Toro Seduto decise di condurre la sua gente in Canada, dove finì la propria esistenza al seguito di Buffalo Bill.

Poco tempo dopo, Cavallo Pazzo, per evitare altri morti e altre sofferenze al suo popolo, decise di darsi prigioniero ad un esercito che non lo aveva mai sconfitto in battaglia.

L’ingresso nella riserva di Cavallo Pazzo e della sua tribù di poche centinaia di persone non sembrò affatto una resa: migliaia di indiani si unirono ai nuovi arrivati e cominciarono ad acclamare Cavallo Pazzo.

Ben presto, all’interno della riserva, Cavallo Pazzo fu “corteggiato” e tenuto in grande considerazione dai soldati bianchi, che ancora temevano quel grande guerriero, tanto da suscitare l’invidia degli altri capi indiani, come Nuvola Rossa che si era arreso molto tempo prima.

Quando Cavallo Pazzo accettò di incontrare il Presidente degli americani (il Grande Padre Bianco), dietro la promessa di una riserva tutta sua ai piedi delle Colline Nere, Nuvola Rossa sparse la voce che, in realtà, stava preparando la fuga e che si stava nuovamente armando contro l’uomo bianco.

Tale voce fu confermata anche dall’errore di traduzione dell’interprete indiano nel colloquio che Cavallo Pazzo ebbe con il tenente americano che comandava la riserva.

Cavallo Pazzo, a cui era arrivata la notizia del suo imminente arresto, si rifugiò nella riserva di Coda Chiazzata, lo zio materno, e spiegò che era tutto un malinteso.

Il giorno dopo decise di consegnarsi all’esercito per spiegare l’accaduto: arrivato a Fort Robinson gli venne incontro il suo vecchio amico, Piccolo Grande Uomo, che era diventato un poliziotto al servizio dell’uomo bianco.

L’ufficiale disse che non c’era bisogno di spiegare il malinteso, perché l’interprete aveva già ammesso il suo errore di traduzione e che avrebbe solo dovuto passare la notte nella baracca per poi parlare il giorno dopo con il comandante per la questione della riserva.

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Ma quando Cavallo Pazzo vide all’interno della baracca delle sbarre di ferro a forma di gabbia si rifiutò di entrare e iniziò una colluttazione con Piccolo Grande Uomo, il quale riuscì a bloccare le braccia di Cavallo Pazzo e fu allora colpito a morte dalla baionetta dell’ufficiale bianco.

Era il 1877.

Questa è la versione più accreditata della morte di Cavallo Pazzo: altri dicono, invece, che fu ucciso dal suo amico Piccolo Grande Uomo, altri che fu Nuvola Rossa a porre fine alla vita di Tashunka Uitko.

Nella notte il corpo di Cavallo Pazzo fu portato via dal padre e dalla matrigna, ma nessuno sa dove sia sepolto.

Nonostante sia passato più di un secolo dalla sua morte, il mito di Tashinka Uitko vive ancora oggi e tra i suoi discendenti c’è chi giura che il suo spirito vaga ancora libero nelle Paha Sapa.

I bambini hanno imparato la canzone di Fabrizio De Andrè, “Fiume Sand Creek” , che poi hanno cantato, il 12 marzo a San Marcello Pistoiese, davanti ai rappresentanti dei Lakota Sioux.

Massacro di Sand Creek

 

 

DIRITTI NEGATI: I NATIVI AMERICANI

di ALESSANDRO MARTIRE

(ridotto e semplificato per i bambini da Flavia Strufaldi)

Quando e perché fu proibito parlare la propria lingua Nativa Americana? E lo è ancora?

Il divieto di parlare la propria lingua iniziò nel 1870 e si protrasse sino al 1950 ufficialmente, praticamente nelle Boarding schools del Canada anche sino al 1978. La lingua insegnata ed ammessa era soltanto l’inglese Americano. Soltanto il 30 ottobre dell’anno 1990 è stato varato il Titolo I della legge pubblica numero 101-477 che poi è passata sotto il nome di “Native American Language act” che tradotto significa “Legge per la lingua Nativa Americana” la quale prevede quanto segue: 

Di dover preservare, promuovere e proteggere il diritto dei nativi Americani di usare, praticare e sviluppare la loro lingua nativa Americana”

C’è molto da riflettere, cari  i miei lettori, pensate solo nel 1990 è stata promulgata questa legge!!!

E cosa accadde con la spiritualità dei Nativi? E’ vero che anche essa fu proibita dai Conquistatori Europei Bianchi?

Certo, ed il primo a parlarne fu proprio il mio Antenato: Pietro Martire D’Anghiera, nella sua Opera chiamata “De Orbe Novo et accronicris”.  I primi infatti a proibire a costo della vita la pratica della spiritualità dei Nativi furono gli Spagnoli, tramite il loro sacro braccio operativo: “L’Inquisizione”. Ovviamente anche per i selvaggi pagani Indiani erano comminate atroci torture, e poi ovviamente, la morte dopo atroci sofferenze, se non si accettava la conversione al cristianesimo. Già nei disegni di Bartolomeo de Las Casa vediamo la pratica dei Messi del Papa, arrostire a fuoco lento i Nativi ed i loro bambini, fatti sbranare dai cani degli Spagnoli davanti agli occhi atterriti dei genitori. Erano soliti gli Spagnoli, fare scommesse in denaro, fra loro, e avrebbe vinto colui che indovinava il tempo minore in cui, un cane affamato dell’esercito Spagnolo, sbranava e dilaniava un bambino nativo. Ovviamente i genitori venivano fatti assistere allo spettacolo, che tanto divertiva Spagnoli e uomini della Chiesa, poi i genitori a loro volta, venivamo messi a cuocere sui carboni a fuoco lento. Ecco che il mio Antenato descrive e denuncia tali atrocità nell’ottava decade della sua opera, appunto il De Orbe Novo, e ci racconta Pietro Martire che i Nativi (che lui chiama nell’opera i Lyucayani) preferivano dare la morte loro stessi ai loro figli in maniera veloce e poi uccidersi loro stessi prima di essere presi dagli Spagnoli. A causa di questi fatti storici, oggi molti nativi sono sia cristiani sia seguaci della spiritualità originaria. Poi già nel 1646 nella baia del Massachusetts fu promulgata una legge dai coloni ed in particolare dal pastore John Elliot, con la quale si prevedeva la pena di morte per impiccagione per i nativi se seguaci della loro spiritualità originaria. Immaginate i primi coloni arrivano nel 1610 e, soltanto 36 anni dopo il loro arrivo in un mondo a loro sconosciuto e che li aveva accettati ed ospitati con amicizia ed amore, questi fanno una legge che mette a morte i Nativi, che li avevano accolti fraternamente, se trovati a pregare secondo la loro tradizione e se non si fossero subito convertiti alla fede cristiana sebbene protestante. Immaginate questo comportamento folle ed assurdo, che comunque spiega e rende bene l’idea dell’approccio dei conquistatori Bianchi nel così detto Nuovo Mondo.

Poi ancora dal 1493 e poi sino al 1883 una serie di leggi che proibiscono ai Nativi le loro pratiche spirituali, ricordiamo l’ atto promosso dal segretario del dipartimento degli interni Henry M. Teller ( ovviamente proveniente da una organizzazione cristiana cattolica) dal nome “ La corte per giudicare le offese degli indiani”, lo scopo era dichiarato: quello di eliminare totalmente la pratica delle odiate “pratiche atee indiane” la legge poi rivisitata in maniera ancora più drastica nel 1870, proibiva la pratica religiosa di ogni ritualità nativa americana all’interno delle riserve e comunità native, l’ assurdo di questa legge era che, se un bianco, avesse praticato alcuno di questi rituali non sottostava alla legge che era riservata solo ai Nativi Americani e non ai bianchi! L’opposizione del Governo Americano alle pratiche spirituali dei Nativi proseguì fino a tutto il 1920, quando il timorato cattolico osservante Agente degli affari Indiani Sig Charles Burke inviò formale dichiarazione a tutti gli “Indiani” ordinando loro di abbandonare ogni danza e pratica religiosa nativa o volontariamente od altrimenti ciò sarebbe stato ordinato anche con l’uso della forza (Spicer 1969, p.241). Solo nel 1978 -praticamente ieri- viene emesso l’atto del Congresso conosciuto come “L’ Indian Freedom Religious act”, il quale restituisce la libertà delle pratiche spirituali ai Nativi.

 

I Nativi sono i proprietari delle loro terre?

Il governo non è il “guardiano” di soggetti Indiani Americani.  Il Governo, in alcuni casi è il “fiduciario” di alcuni tipi di proprietà dei Nativi. Questa proprietà “fiduciaria” del Governo, spesso, è collegata con il territorio della riserva e delle risorse che in essa sono prodotte o dalla quale ne derivano. Il Governo ha la proprietà “fiduciaria” delle riserve federalmente riconosciute. La proprietà delle terre, nei confini territoriali della riserva, può essere tribale e gestita dall’ufficio tribale che si chiama “Tribal Land Enterprise” oppure individuale di Componenti della Tribù. Dipende da circostanze di varia natura. Consideriamo una generale comparazione fra ciò che è una proprietà fiduciaria e cosa non lo è. Per esempio la terra della Riserva dei Dinè (Navajo), è in proprietà fiduciaria da parte degli Stati Uniti D’America. Per cui le decisioni di maggiore importanza che riguardano il territorio devono obbligatoriamente essere sottoposte alla approvazione del Bureau Of Indian Affairs. Di contro un appezzamento di terra acquistato da un Nativa Dinè (Navajo) nella lontana città di Phoenix in Arizona non sarà mai in proprietà fiduciaria ma del singolo individuo.

I Nativi sono cittadini Americani?  E in caso positivo da quando?

I Nativi Americani oggi sono cittadini Americani. Il loro riconoscimento è avvenuto con “L’Indian Citizenship Act” del 1924. Nel 1934 il Congresso ha varato la legge chiamata Indian reorganization Act (IRA) con la quale si metteva fine al distruttivo sistema creato nel 1887 dell’allotment act, il quale smantellò fisicamente molte riserve indiane americane. I Nativi Americani sono: Cittadini Americani, sono cittadini e residenti dello Stato Americano dove insiste geograficamente la Riserva, e sono Componenti della Tribù di appartenenza. Sottostando, quindi, a tre gradi di giurisdizione.

Qual è la popolazione Nativa Americana oggi?

Per quanto riguarda la popolazione dei Nativi si consideri che alcune stime antropologiche evidenziano che allo sbarco di Colombo nel 1492 si contavano circa 70/80 milioni di Nativi dall’Alaska all’Argentina. In 500 anni i dati sono: nel 1990 il censimento riportava il dato di 1.959.234 persone identificabili come Nativi Americani inclusa l’Alaska, su un totale, sempre alla stessa data di circa 248.709.873  in Alaska e Stati Uniti d’America. Senza quindi contare l’America centrale e del Sud.

Del numero su indicato il 22,3% dei Nativi vive oggi all’interno di aree geografiche designate come Riserve federalmente riconosciute, il resto vive al di fuori delle Riserve.

Conclusione

La percezione  che si ha, delle riserve di Rosebud e Pine Ridge, dopo avervi vissuto per oltre 28 anni, a volte, è simile a quella di una prigione, una prigione così grande, che le sbarre non  possono essere avvertite  da coloro i quali vi transitano di passaggio, o semplicemente da coloro che fanno una breve visita, magari solo per vedere o partecipare alle nostre cerimonie spirituali, come spesso avviene da parte dei curiosi turisti bianchi o da motivati seguaci delle nuove forme di new- age,  alla spasmodica ricerca di una filosofia o religione alternativa da seguire, ed in alternativa ai fallimenti delle tre religioni monoteistiche, che, in molti casi, non danno più risposte ai bisogni dell’anima di questa moderna società. In realtà non appena un Membro tribale esce dai confini territoriali della riserva, si trova subito coinvolto, tutt’oggi, in gravi episodi di razzismo. Ecco quindi che le sbarre fatte di razzismo ed indifferenza dell’uomo bianco, che ha materialmente rubato queste terre ai Nativi, e che oggi, con indifferenza e presunta superiorità   vive ai confini delle riserve, con tutti i suoi pregiudizi, con le sue assurde leggi, con la sua bigotta religione nonché con i suoi stereotipi, segnano di fatto una forte discontinuità tra due aree geografiche limitrofe. La povertà è grande, nella mia vita con i Lakota, spesso ho visto anziani morire di freddo e di fame, bambini cercare il cibo nella spazzatura, anziani che non avevano d’inverno neppure la legna da ardere per riscaldarsi, scene da terzo mondo nel Cuore della democratica e moderna America!

Questo, è solo un accenno della realtà, come spesso ho avuto modo di dire, il vero male, la vera malattia oggi dei Nativi e dei Lakota è quella del “mal vivere” nella Riserva, con tutto ciò che comporta, lo stress, la depressione viene fuori come campanello di allarme, a prescindere dai sintomi fisici manifestati, spesso tale malessere sfocia nell’alcolismo, nel suicidio anche di ragazzi in giovane età.

Il motore di tutti i malesseri dei Nativi e dei Lakota quindi, pare essere la perdita di identità culturale, questo è uno degli aspetti più tristi cui la mia gente sta andando incontro.

Le riserve di Rosebud così come Pine Ridge e le altre, sono estremamente povere sotto il profilo materiale e come lo intende l’uomo bianco, per più di un secolo, gli abitanti di queste comunità sono stati relegati ai margini dell’economia statunitense. Analogamente a molte altre comunità aborigene della periferia dell’economia mondiale, i Lakota devono fare i conti con fenomeni quali: alta disoccupazione, flussi emigratori per lavoro salariato, accesso limitato se non esistente al credito. Questi elementi si sommano, come visto in precedenza, agli altri fenomeni di dismetabolismi vari e forme di depressione e di stress generale. Nonostante tutto ciò, i Lakota continuano ad essere distinti dagli altri popoli. Perfino all’inizio del terzo millennio, il loro modo di abbigliarsi, le loro pratiche spirituali, l’organizzazione familiare, le forme d’arte ed i valori sociali coesistono, dando forma ad un senso di collettività e di identità culturale.

I popoli aborigeni Americani ed i Lakota, oggi devono guardare al loro futuro ed a quello delle loro generazioni che verranno, è quindi essenziale lavorare su alcuni aspetti che possono essere così riassunti:

1- mantenimento e diffusione fra i Membri Tribali dell’originaria cultura, storia, lingua e spiritualità, grazie anche al lavoro dei tradizionalisti, degli intercessori spirituali e dei “grass root people”, cioè di coloro (generalmente gli Anziani), che possono trasmettere quanto era conosciuto in passato.

2- gestione delle proprie risorse territoriali ed umane: mediante la valorizzazione del territorio e della cultura, sviluppare forme di economica domestica tesa a creare ricchezza economica all’interno delle riserve.

Includere e lavorare in armonia tra Governo/IRA cioè il Consiglio tribale e gli esponenti del governo tradizionale, l’Oceti Sakowin, ancora oggi presente; in tal modo da creare come un doppio organo politico-governativo, che possa includere a livello consultivo i suggerimenti dei tradizionalisti all’interno delle decisioni assunte dal Governo tribale che ha, oggi, rapporti di semi-sovranità col Governo Statunitense.

 

I TRASFORMATORI – Robot e non solo

Noi siamo “I Trasformatori”, perché?

 

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La giornata

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L’ape, il suo ambiente e i suoi alleati

1- L’ape è la protagonista del 5* concorso internazionale di scienza e robotica. Ma quali possono essere i suoi alleati?

Per prima cosa abbiamo deciso di rinfrescarci la memoria e  tornare a parlare dell’ape.

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2- Dopo una lunga discussione di classe abbiamo deciso di scegliere, come animale che fa parte dell’ambiente dell’ape, l’orso bruno. 

Abbiamo deciso di approfondire la conoscenza di questo grande animale.

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Ad ogni ambiente il suo orso. Ciascun bambino ha cercato informazioni su un orso diverso. 

3- L’orso nei libri, nei cartoni animati, nei film

4- L’ape e l’orso in lingua inglese e in lingua spagnola.

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5-L’ambiente dell’orso e dell’ape creato con gli origami 

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6- Lavoriamo con le costruzioni, con i mattoncini Lego, per creare il nostro orso robotico. I “progetti” cambiano velocemente, l’orso si evolve. Pensiamo di fargli muovere una zampa, poi di fargli alzare e abbassare le zampe davanti, … Infine decidiamo di farlo muovere avanti e indietro con un motore e il telecomando.

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7- I nostri orsi fantastici

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8-L’orso è sullo stemma della città di Pistoia, perché?

 L’Orso di PISTOIA, città della cultura 2017

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Un grande scudo suddiviso in trentasei scacchi color argento e rosso, sormontato dalla corona della città e sostenuto da due orsi con la testa rivolta all’indietro, coperti da svolazzanti mantelli anch’essi a scacchi argento e rosso e foderati di verde, questo E’ LO STEMMA DELLA CITTA’ DI PISTOIA.

La scacchiera, secondo alcuni studiosi, potrebbe derivare dalla suddivisione delle vie sulla piantina della Pistoia romana oppure, più semplicemente, dal gioco degli scacchi.

Gli orsi, che si trovano ai lati, invece, inizialmente non facevano parte dello stemma: furono aggiunti verso la metà del 1300, dopo che la città con l’aiuto di Firenze, si era liberata dall’assedio di Milano.

Come mai fu scelto proprio l’orso come simbolo della città di Pistoia?

Qualcuno ha spiegato questa scelta con il fatto che probabilmente, a quei tempi, qualche esemplare si aggirava ancora nella valle dell’Orsigna oppure nei boschi della montagna pistoiese.

E’ probabile però che più che alla presenza degli orsi sui monti di Pistoia, la loro raffigurazione sullo stemma del COMUNE DI PISTOIA fosse un tentativo di imitazione di quello della città di Firenze, dove era raffigurato un leone.

I pistoiesi, perciò, opposero al leone fiorentino un animale altrettanto fiero e selvaggio: l’orso.

Con il passare degli anni, però l’animale simbolo della città chiamato popolarmente MICCO, ha perso i suoi connotati di fiero e possente. Infatti nel dialetto pistoiese, MICCO, significa una persona un po’ credulona ed ingenua.

A Pistoia, ”restare come un micco” significa restare di stucco oppure fare la figura dello sciocco.

Uragani, partendo da Matthew…

I ragazzi hanno visto un’immagine sul libro di scienze che ricordava l’uragano Matthew che stava devastando, fra settembre e ottobre 2016, le isole del centro America e il sud degli Stati Uniti. 
Abbiamo deciso di documentarci su questo fenomeno.
Alcuni hanno fatto una ricerca scientifica, altri scritto brevi articoli di cronaca.
I ragazzi si sono documentati sul WEB con l’assistenza dei genitori, hanno fatto le proprie riflessioni e poi, quando possibile,  spedito per mail il lavoro all’insegnante.
 
Ecco alcuni lavori. Ogni bambino, da solo o in gruppo, ha presentato brevemente il lavoro alla classe (quinta)
Foto meteoweb.eu
GLI URAGANI

In meteorologia un ciclone tropicale è un sistema tempestoso caratterizzato da un largo centro o vortice di bassa pressione e da numerosi fronti temporaleschi, disposti tipicamente a spirale e in rotazione su se stessi attorno al centro, che producono forti venti e pesanti precipitazioni piovose nelle aree coinvolte dal loro passaggio. Questi cicloni si producono in conseguenza del calore liberato dall’oceano alimentandosi poi grazie al calore di condensazione liberato nell’aria dal vapore acqueo in considerazione.

In relazione all’entità e alla zona geografica di formazione di un ciclone tropicale, esso è chiamato in modo diverso:uragano, tifone, tempesta tropicale, tempesta ciclonica, depressione tropicale o semplicemente ciclone.

URAGANO-è il termine con cui vengono chiamati i cicloni nell’Antartico settentrionale e nel Pacifico settentrionale in memoria del dio Maya delle tempeste, Hunraken;

TIFONEè il termine con cui vengono chiamati i cicloni nel Mare della Cina, da ty fung, che significa”grande vento”;provocano violenti venti, abbondanti precipitazioni e pesanti inondazioni lungo le coste. Si formano unicamente sul mare penetrando marginalmente all’interno dei continenti, dove rapidamente si attenuano; sono tipici dei mari tropicali. Hanno origine alla fine dell’estate e in autunno quando sui mari staziona aria calda e umida per via delle più alte temperature raggiunte dall’acqua superficiale.

DEPRESSIONE TROPICALEè un sistema di nubi e temporali dove i venti raggiungono la velocità massima di 63 km/h. Non c’è un “occhio” e non sono organizzati a spirale, come di solito avviene nei cicloni. Vi è comunque un’area di bassa pressione da cui prende il nome “depressione”.

CICLONEè il termine da sempre conosciuto nell’Oceano Indiano da quando è stato utilizzato per la prima volta dal presidente della Commissione Marittima di Calcutta a metà del XIX secolo.Deriva dal greco Kuklos che significa “circolare”.

L’URAGANO MATTHEW

L’uragano Matthew si è formato ai Caraibi ed ha già ucciso quasi 1000 persone, la maggior parte sono morte ad Haiti, in numero più ridotto a Cuba e nelle altre isole colpite dalla sua furia. Muovendosi alla velocità di circa 15 miglia all’ora, risalendo dalle Bahamas verso la Florida. Poi dovrebbe procedere verso la Georgia e la South Carolina e perdere forza sopra l’oceano Atlantico. Gli effetti di Matthew, sono già enormi. Le linee aeree hanno cancellato i voli tra Miami e Orlando.Anche Disney World ha chiuso e tornerà ad aprire solo quando l’uragano si sarà spento sull’oceano.

9 ottobre 2016

Bicocchi Rachele

meteoweb.eu

I TORNADO

La tromba d’aria, tornado o turbine è un  violento vortice d’aria, nasce spesso con un temporale e può percorrere molti km con venti fortissimi e devasta tutto quello che trova; sembra un imbuto e può durare dai 5 ai 15 minuti. La classificazione della sua pericolosità avviene in base alla Scala Fujita ideata nel 1971 da un professore di Chicago, dove ad ogni grado corrisponde un livello di pericolosità:
GRADI-
-E F0 debole
-E F1 moderato
-E F2 significativo
-E F3 forte
-E F4 devastante
-E F5 catastrofico
Jonathan

L’URAGANO

L’uragano è un ciclone tropicale tipico dei mari delle Antille; perché si formi un uragano i venti devono superare i 175/180 Km.

Il suo nome, secondo alcuni studiosi, deriva dal nome del Dio caraibico “HURICAN” che significa letteralmente “DIO DEL MALE”.

La maggior parte degli uragani si formano tra il primo giugno e il 30 di novembre.

L’URAGANO MATTHEW

E’ trascorsa una settimana dal passaggio dell’Uragano Matthew ad Haiti, il paese più povero dell’America Latina

Ci sono 60.000 di persone rimaste senza tetto, i morti sono più di 990, i danni provocati dal passaggio dell’uragano sono enormi: migliaia di case sono state distrutte e gran parte della popolazione vive nei centri di accoglienza ,mancano cibo e acqua potabile.

meteoweb.eu

C’è grande rischio che si diffonda il colera.

Prima di colpire Haiti l’uragano è passato da Cuba, isole Bahamas, da Santo Domingo e dalle coste degli Stati Uniti

L’uragano Matthew è stato il più forte degli ultimi 10 anni e, con la sua intensità, era in grado di sradicare alberi e distruggere costruzioni in muratura .

Lorenzo A

GLI URAGANI

La parola uragano proviene dal caraibico Hurican che significa Dio del male.

Come si forma

Un uragano si forma a causa di grandi masse di aria calda e umida, quindi soprattutto nelle zone tropicali dove c’è anche l’acqua del mare che raggiunge temperature di 26-27 gradi centigradi. Durante le tempeste l’aria calda rilasciata dal mare sale in alto, si raffredda rapidamente e ritorna verso il basso. Questo fenomeno non avrebbe una lunga durata se non intervenisse l’azione della forza di Coriolis. La forza, causata dalla rotazione terrestre, provoca una deviazione dei venti che iniziano a muoversi in cerchio con velocità sempre più grande man mano che si avvicina al centro del vortice, chiamato occhio. Nell’emisfero nord l’uragano gira verso destra (rotazione antioraria), mentre nel emisfero sud (rotazione oraria).

Le fasi dell’uragano

La fase dello sviluppo dell’uragano dura dalle 12 alle 48-72 ore e a 3 fasi:

– Depressione tropicale: nuvole e pioggia che superano i 60 km orari

-Tempesta tropicale: i venti aumentano la loro intensità e vanno dai 60 ai 120 km orari

– Uragano: i venti superano i 120 km orari e arrivano fino ai 300 km orari e oltre

La scala degli uragani

  1. Minimo: tempeste con qualche danno
  2. Moderato: danni un po’ più seri
  3. Forte: danni strutturali a piccole residenze
  4. Fortissimo: danni estesi
  5. Disastroso: danni disastrosi

Uragano Matthew

  • Formazione: 28 settembre 2016
  • Categoria: 5
  • Dissipazione: in corso
  • Venti più veloci: 260Km orari (160 mph sostenuti 1 minuto)
  • Pressione minima: 934 hpa (mba)
  • Aree colpite: Haiti, Cuba, Florida sud, Nord Carlina
  • Stagione: stagione degli uragani 2016

Matthew è il secondo maggiore uragano atlantico della stagione 2016

SOFIA

L’uragano Matthew

L’uragano Matthew arriverà in Florida. Per ora è passato da Cuba, Haiti, Bahamas,... I suoi venti vanno adesso a circa 150 km orari e nella scala degli uragani è al livello 3.

Gli uragani si formano nell’oceano. Il loro nome è di origine caraibica, da Hurican o Uracan. È un ciclone tropicale, che viene solo in estate o in autunno. Il picco inizia verso il 10 settembre.

L’uragano Matthew ha devastato le Haiti: ha distrutto case, ha sradicato piante, ha danneggiato tetti e sono morte circa 900 persone.

6 ottobre 2016

Agata

Matthew

E’ passata una settimana da quando Haiti è stata colpita dall’uragano Matthew che ha causato più di 900 morti. Ma purtroppo anche dopo il suo passaggio sull’isola di Haiti l’uragano continua a provocare danni perchè la popolazione ha adesso un altro problema: il colera. Oltre alla sfortunata isola, l’uragano è arrivato anche a Cuba, Bahamas e Santo Domingo; si è poi spostato negli Stati Uniti dove ha causato 19 morti. Quando l’uragano ha colpito Haiti aveva una potenza pari a 5 su una scala da 1 a 5.

Adesso la preoccupazione principale è quella di raggiungere tutte le zone dell’isola, aiutare gli sfollati che sono senza casa e cibo, portare aiuti medici per tutti i feriti.

16 ottobre 2016

Dario Gargini
Uragani

Con la parola uragano si indicano i cicloni tropicali che si formano tra i Caraibi, gli Stati Uniti e l’Australia. Prendono il nome di tifoni quando gravitano tra l’oceano Indiano e il Mar Cinese. I cicloni che si generano al di là dei tropici vengono chiamati cicloni extratropicali o, più semplicemente, si parla di depressione.  

Il ciclone è una perturbazione che si forma in un’area del mare, detta ‘ciclonica’ o di ‘bassa pressione’, in cui la pressione atmosferica è minore di quella delle regioni circostanti. Nasce quando le masse di aria calda si muovono verso l’alto e generano nuvole, vento e temporali.


Gli uragani si formano in zone di bassa pressione dove la temperatura dell’acqua è superiore ai 26 gradi. Con queste condizioni si crea un grande vortice con, al centro, una sorta di imbuto circoscritto da forti correnti che si avvitano a spirale e che portano l’aria umida ad alta quota. Mano a mano che il vortice cresce, l’aria umida condensa e si trasforma in pioggia, cedendo del calore che va ad alimentare ulteriormente il fenomeno. Quando si sposta sulla terraferma l’uragano si esaurisce, ma conserva comunque l’energia per devastare le città che si distendono lungo la costa.

Un uragano è formato da un imbuto centrale, il cosiddetto ‘occhio del ciclone’, di diametro massimo di trenta chilometri. Al suo interno la situazione è apparentemente quieta e non ci sono nuvole. La zona circostante, che può arrivare a 500 chilometri, è quella che origina i disastri e in cui i venti possono superare anche i 200 chilometri l’ora. La ‘coda’ è la parte terminale in cui le raffiche di vento sono più deboli e vanno verso l’esaurimento.

In base alla forza del vento, l’Organizzazione meteorologica mondiale divide i fenomeni tropicali in tre categorie. Si parla di depressione tropicale se il vento è minore ai 63 km/h. Si assiste ad una tempesta tropicale quando la velocità è compresa tra i 63 e i 118 km/h. Sopra questa soglia, si ha un uragano.

La categoria di un uragano viene definita in base alla velocità del vento secondo la scala Saffir-Simpson. Si hanno cinque categorie: 1 minimo velocità del vento da 119 a 153 km/h, categoria 2 moderato da 154 a 177, categoria 3 forte da 178 a 208, categoria 4 fortissimo, la categoria di Matthew, da 209 a 251 , categoria 5 disastroso quando i venti superano i 252 km/h.

Nadia

Mytilene, Lesvos – 18/24 settembre 2016, EduGloCal di Gianna, Daila e gruppo toscano

Presentazione EduGloCal

La presentazione in power point è stata realizzata dalle colleghe Elena e Barbara

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18 settembre

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Con il gruppo Toscano siamo andati alla scoperta dell’isola di Lesbo

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Ma alle diciotto in punto abbiamo incontrato gli altri partecipanti al corso e gli insegnanti. I nostri compagni arrivano da vari Paesi europei: Irlanda, Portogallo, Svezia, Olanda, Finlandia e Turchia, mentre i docenti provengono dal Regno Unito e dalla Svezia.

La prima attività che abbiamo svolto, “I introduce myself”, ci ha consentito di conoscere i vari componenti del gruppo!

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Successivamente ciascuno ha mostrato e proposto agli altri alcuni prodotti alimentari caratteristici del proprio Paese. Il cibo ci ha aiutato ad entrare in rapporto gli uni con gli altri, a parlare, a conoscerci. (vedi un esempio di presentazione in fondo all’articolo)

19 settembre

Oggi è iniziato il nostro percorso Eduglocal- Think global, act local, learn glo-cal.

Abbiamo visitato il Museo della produzione industriale dell’olio  di oliva e incontrato le donne che per prime hanno costituito una cooperativa agricola che produce e mette in tavola i prodotti locali.

image image image image image Il momento dell’assaggio è sempre molto interessante! 🙂 image

Olio d’oliva, olive, formaggio, pane… Ed i prodotti delle donne di Petra…verdure, formaggi e carni, storie di forza e passione!

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Alimenti locali, stagionali, biologici, rispettosi dell’ambiente per uno sviluppo “sostenibile”

Infine abbiamo visitato Molivos, un piccolo paese sul mare,  patrimonio dell’Unesco.

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L’imponente castello

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20 settembre

Stamattina abbiamo visitato il Liceo Sperimentale di Mytilene e abbiamo incontrato gli insegnanti che hanno lavorato con i materiali Eduglocal.

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Il liceo è nato nel 1891 ed ha una bellissima biblioteca ricca di testi antichi, possiede alcuni incunaboli e manoscritti del 1400.

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Poi ci hanno parlato di migrazione e cittadinanza.

Ecco il nostro “Citizenship exercise”!

Abbiamo immaginato la famiglia ideale e pensato alla famiglia reale.

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Infine abbiamo visitato “Church and Mosque”

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21 settembre

Oggi ci siamo spostati all’ Environment Centre of Asomatos per lavorare sulle problematiche ambientali.

Il centro si trova in una ex scuola primaria chiusa per l’esiguo numero di bambini che ora devono spostarsi in un paese vicino.

I percorsi che gli operatori propongono si rivolgono prevalentemente alle scuole, dalla primaria al superiore. Nei laboratori si parla di piante di olivo e castagno, di api, di fiori, di funghi, di produzione di oggetti  in ceramica e con legno di olivo.

Il centro propone attività anche in riserve naturali dove è possibile fare birdwatching.

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Our workshop on Climate Change and its effect on the environment

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Infine abbiamo visitato il suggestivo villaggio di Agiasos

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22 settembre

Oggi partenza in pullman per Sigri (la guida ci dice che il nome trae origine dalla parola italiana “sicuro” perché il porto è racchiuso in una piccola baia considerata sicura)

Avvicinandoci al Golfo di Kalloni il paesaggio cambia, diventa brullo e il colore prevalente diventa il giallo, in tutte le sue sfumature.

Ci fermiamo al bellissimo monastero di Leimonos  dove le donne non potevano pregare (e non possono ancora) e quindi decisero di costruire una cappella per la preghiera per ogni giorno dell’anno, ne furono costruite “solo” 208! Questa informazione ci stata fornita dalle colleghe del corso di Sharing landscape.

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Abbiamo poi raggiunto il Natural History Museum of the Lesvos Petrified Forest di Sigri.

Lì, abbiamo ricevuto informazioni sulla foresta pietrificata, abbiamo esplorato il museo, ricco di fossili provenienti dall’isola e da tutto il mondo, abbiamo “provato” terremoti di vari gradi in scala Richter fino al nono… Un’esperienza davvero impressionante!

Infine abbiamo visitato la “Pietrified Forest”

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Questa è la sequoia pietrificata più grande al mondo, è alta ben sei metri!

Sotto strati creati da polvere vulcanica e formatisi in milioni di anni, c’è anche una foresta tropicale!

Abbiamo poi visitato il villaggio che ha dato i natali a Saffo, grande poetessa greca. Saffo (Σαπφώ in greco), nacque ad Ereso nell’ isola di Lesbo intorno al 620/650 a.c. e qui morì intorno al 550/580 a.c. Visse gran parte della sua esistenza a Mitilene, principale città dell’ isola.

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“Le stelle intorno alla luna bella

nascondono di nuovo l’aspetto luminoso,

quando essa, piena, di più risplende

sulla terra …”

Saffo

23 settembre

Oggi abbiamo rielaborato le osservazioni fatte durante gli scorsi giorni.

Quotidianamente, infatti, i docenti ci attribuivano dei compiti (tasks) da svolgere che poi avremmo dovuto concretizzare in un elaborato digitale alla fine dei percorsi.

 

Quindi, oggi, abbiamo prodotto un video intitolato “Colours of the week” e iniziato ad impostare un percorso didattico legato alla colorazione naturale dei tessuti.

24 settembre

Questa è l’ultima mattina del nostro corso.

Dopo gli ultimi adempimenti burocratici, abbiamo visitato il luogo dove Aristotele meditava, circondato da una catena collinare simile ad un anfiteatro. Aristotele, filosofo, scienziato e logico greco antico nel 344 a.C., venne a Mitilene, sull’isola di Lesbo, dove fondò un’altra delle sue scuole.  Il tempio al centro della conca circondata da colline era dedicato  Zeus.

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25 settembre, ore 6.50: “Ciao, Lesbo, isola dei gatti!”

“Meowwwwww…”

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image “Ronf…”

“Slap…”image image“Uff…levatevi di torno!”image “No, dai, portatemi con voi!

“Cats, cats, …cats everywhere!”

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Questa è la presentazione che avevo preparato, di me e della mia scuola, che però, alla fine, ha subito notevoli tagli!!! 🙂 

Kalimera, Good Morning, Buon Giorno. (o Kalispera, Good Evening, Buona Sera.)

My name is Daila Cecchi, I am italian and I live in Tuscany, in northern Tuscany, about 800 meters above sea level, in the Appennine mountains, 60 km from Florence. I teach in a primary school, and this year I will teach children aged nine and ten.

The immediately striking feature of the area where I live is the wealth of vegetation: there is plenty of tall trees, both evergreen or falling leaves. The territory is considered by some one of the green lungs of Europe; the landscape changes color and appearance every season. This stimulates us and the children to observe the nature around us.

On observing the natural environment we seek to stimulate children and raise their awareness, with practical and interdisciplinary activities, with collective thinking and with cooperative learning to respect the environment and the “others”, animals and people.

In our school we grow plants and vegetables, we do gardenin, we deal with waste collection, recycling and re-use, and this is the first object that I brought with me: what remains of scotch tape. With this and many recycled things we produce artifacts and try to make the children understand the importance of recycling, because what we can now make with ease will not be so indefinitely and many things may no be easily available in the future.

We try to open our classrooms whenever possible.

For exemple we maintain relations with the local institutions by meeting the elders of the retirement home (family home, in italian) adjacent to our school and with whom we share a greenhouse.

We devote a bit of our time to the children with disabilities, many of them now grown-up and living in a structure of our territory.

We try to have relations with migrants who are welcomed in our town. We are always working on the theme of inclusion and the peaceful resolution of conflicts, starting alwaysfrom the experience of our children.

I also brought a chestnut because it is with this fruit that past generations of the people of the Pistoia mountains have survived.

The chestnuts were dried and milled in water mills, water being an element that is abundant in our area. With the flour, several different recipes were made, the castagnaccio ( chesnuts pie), necci, polenta,…. With the children we try to learn about our past, through testimonials and interviews with the grandparents.

Finally, since the school year 2003/2004, I started a school magazine. It was a unique number, created by the children of the last class of the primary. It followed the characteristics of a newspaper and became the instrument by which to show parents what their children were able to do and the various school activities. In December 2013 it has become a blog and it is open to the world. It is in Italian, but from photos and images, anyone can see most of the school activities in which teacher and student are involved.

Ciao, sono Daila Cecchi, sono italiana e vivo in Toscana, nel nord della Toscana, in montagna a circa 800 metri sul livello del mare, a 60 km da Firenze. Insegno in una scuola primaria e quest’anno avrò bambini di 9 e 10 anni. La caratteristica immediatamente evidente dell’area in cui vivo è la ricchezza di vegetazione, ci sono alberi ad alto fusto sia sempreverdi che a foglie caduche, questo territorio è considerato da alcuni uno dei polmoni verdi d’Europa; il paesaggio cambia colore e aspetto ad ogni stagione. Ciò stimola noi e i bambini all’osservazione della realtà… partendo dall’osservazione dell’ambiente naturale cerchiamo di stimolarli e sensibilizzarli, con attività pratiche e interdisciplinari, con riflessioni collettive e con il cooperative learning al rispetto dell’ambiente e degli “altri”, animali e persone. Nella nostra scuola coltiviamo piante e verdure, facciamo l’orto, ci occupiamo di raccolta differenziata, di riciclo e ri-uso, e questo è il primo oggetto che ho portato con me: ciò che rimane dello scotch. Con questo e altri cose realizziamo dei manufatti e cerchiamo di far capire loro l’importanza del riciclo, perché quello che possiamo oggi ottenere con facilità non è infinitamente disponibile e potrebbe non esserlo più in futuro.

Manteniamo i rapporti con il territorio incontrando gli anziani della casa famiglia che è adiacente alla nostra scuola e con i quali condividiamo una serra, dedichiamo un po’ del nostro tempo ai ragazzi disabili, ormai molto grandi, che vivono in una struttura del nostro territorio, proviamo ad avere rapporti con gli immigrati che sono accolti nel nostro comune,… insomma cerchiamo di aprire le nostre aule, quando possibile… lavoriamo costantemente sul tema dell’inclusione e sulla risoluzione pacifica dei conflitti, partendo dall’esperienza dei bambini.

Ho portato anche una castagna perché è con questo frutto che le generazioni passate della montagna pistoiese sono sopravvissute. La castagna veniva essiccata, macinata nei mulini ad acqua, altro elemento che abbonda nel nostro territorio, e con la farina venivano realizzate numerose ricette diverse. Ai nostri bambini cerchiamo di far conoscere il loro passato attraverso le testimonianze e le interviste ai nonni.

Infine ho portato un giornale che realizziamo a scuola ormai dall’anno scolastico 2003/2004 e racconta la storia del nostro percorso didattico da allora. All’inizio seguiva le caratteristiche proprie del quotidiano anche se era un numero unico prodotto e realizzato dai bambini dell’ultima classe della primaria, successivamente è diventato il mezzo con cui mostrare ai genitori cosa i ragazzi facessero a scuola oltre le attività che il quaderno mostrava, infine nel dicembre 2013 è diventato un blog e si è aperto al mondo. E’ in italiano ma dalle foto e dalle immagini potreste vedere parte delle attività della scuola in cui opero.